Pacem in terris

Porto Garibaldi, quando l’Eucarestia deve essere capita

SI SCRIVE 2000, si legge Medioevo. Si dice Ferrara e sembra la Trento della Controriforma. Ha dell'incredibile la vicenda della prima Comunione negata ad un bambino portatore di un ritardo mentale. Succede a Porto Garibaldi nell'arcidiocesi estense: il parroco, don Piergiorgio Zaghi, a pochi giorni dalla cerimonia, comunica ai genitori del piccolo di averlo escluso dalla lista dei candidati. Il bimbo - è la spiegazione del prete - difetta degli strumenti necessari a capire il mistero della transustanziazione. Ovvero, la conversione della sostanza del pane nel corpo di Cristo. Sulla stessa linea di don Zaghi si schiera anche il vicario generale dell'arcidiocesi, monsignor Antonio Grandini. E scoppiano subito le polemiche. Inevitabili.

E' bene auspicare la piena consapevolezza di quanto si sta compiendo in chi ha la possibilità di capire. Almeno i sacramenti sarebbe opportuno viverli in scientia e coscientia. Ma si può impedire ad un bambino disabile di accostarsi al Salvatore e  ricevere l'epifania della presenza di Cristo nel suo corpo e nella sua anima? Che colpa ne ha lui, se non può cogliere il significato autentico dell'Eucarestia? E ancora: siamo sicuri che i suoi coetanei, i cosidetti 'normali', abbiano inteso il sacramento?  Figurarsi. Non mancano adulti grandi e vaccinati che faticano a capire uno dei principali misteri della fede...

Anche il Catechismo della Chiesa cattolica, nei numeri 1322-1419, dedicati alla Comunione, non prevede alcuna esclusione per chi è incapace di intendere e volere. Diverso il discorso per chi si trova in peccato mortale o non è a digiuno da almeno un'ora. Ma questa è tutta un'altra storia. Perché allora tanta rigidità da parte dei sacerdoti?

In parrocchia c'è già chi ipotizza che il niet sia legato alla convivenza dei genitori, non ancora convolati a nozze.  Per la serie 'le colpe dei padri ricadano sui figli'. La ricostruzione solletica, ma in questi casi occorre muoversi con i piedi di piombo. E lasciare le dietrologie dietro la porta, se non sono provate e riprovate.

Meglio restare alla notizia, a quel bambino fragile che a maggio non riceverà la prima Comunione. Dicono che non capisce. Ma Cristo ci impone forse di decifrarlo prima di accoglierci tra le sue braccia?

Giovanni Panettiere

 

  

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