Stretta vaticana sulla Caritas
CARITAS Internationalis passa sotto il controllo della Santa Sede. Per l'esattezza, del pontificio consiglio Cor Unum, come sancisce un decreto generale della Segreteria di Stato, pubblicato ieri. Il documento, a tutti gli effetti una legge di diritto canonico, stabilisce che <qualunque testo di contenuto o orientamento dottrinale o morale, emanato da Caritas Internationalis, deve essere sempre sottoposto alla preventiva approvazione del pontificio consiglio Cor Unum>. D'ora in avanti sarà il dicastero vaticano a sancire le alleanze della Caritas e a nominare un assistente ecclesiastico per l'organizzazione caritativa. Se non è una normalizzazione, per la Caritas poco ci manca.
Quanto accaduto non è un fulmine a ciel sereno. Tutt'altro. Il nuovo assetto giuridico di Caritas Internationalis è l'epilogo di una crisi tra il Vaticano e l'ente pubblico ecclesiale, venuta alla luce già un anno fa. Allora, l'assemblea di CI confermò alla presidenza il cardinale Oscar Maradiaga e nominò un nuovo segretario, il francese Michel Roy. Una mossa inusuale per la Chiesa che è solita doppiare il mandato dei laici in plancia di comando. Sempre che qualcosa non vada storto, come dimostra la vicenda della numero due di Caritas, messa da parte, perché sgradita in Palazzo Apostolico.
A far saltare il nihil obstat vaticano alla riconferma della signora inglese, Lesley-Anne Knight, è stata la mancanza di una vera 'identità cattolica' nelle attività targate Caritas Internationalis. A ciò si aggiunse la scelta di alcuni partner internazionali, giudicati poco in linea con l'ortodossia cattolica. Due mosse sbagliate e una poltrona saltata. Fino all'ultimo Mariadiaga, forte estimatore della Knight, ha provato a salvare la sua vice. Missione impossibile: il segretario di Stato, Tarcisio Bertone, aveva già deciso. A quel punto per il destino della Caritas era solo questione di tempo. Dodici mesi, non di più.
Giovanni Panettiere