Pacem in terris

Vescovo coprì gli abusi, ma il reato è prescritto

RISPETTO per la magistratura, ma anche <sorpresa e sconcerto> per atteggiamenti e commenti <giustizialisti, recentemente emersi nei confronti di chi, non avendone avuto titolo, non ha potuto svolgere alcuna attività in propria difesa e nemmeno partecipare, nel contraddittorio delle parti, agli accertamenti dei fatti in discussione. Ogni strumentalizzazione della vicenda processuale, ormai definitasi, appare inaccettabile e gratuita>. Il vescovo, fortemente toccato dalla natura e dagli argomenti, che <in qualche modo lo hanno coinvolto, esprime il proprio dispiacere, condividendo la sofferenza dei ragazzi segnati da queste dolorose vicende>.

Affida la sua replica a una nota della Curia monsignor Dante Lafranconi, pastore della diocesi di Cremona, uscito di scena nel procedimento penale a suo carico per concorso in atti sessuali su minori. Nei suoi confronti il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Savona, Fiorenza Giorgi, ha disposto l'archiviazione, in quanto il reato è prescritto. Per la prima volta in Italia la magistratura ha riconosciuto -  senza condannare - la corresponsabilità di un vescovo in episodi di pedofilia.

E non si tratta di un pastore qualsiasi. Lafranconi è stato 'ministro' della Cei per la famiglia ed è da tempo molto attivo nella pastorale per gli omosessuali. Inoltre, si ricorda il suo appoggio critico al cardinale Carlo Maria Martini sull'uso del preservativo in una coppia con un coniuge sieropositivo (2006). Nel settembre 2011, sul Quotidiano Nazionale, ha aperto le porte al dibattito sull'ordinazione sacerdotale di uomini sposati e di provata fede.

Dall'ordinanza del gip di Savona emerge che Lafranconi, negli anni in cui resse la diocesi ligure, coprì, pur essendone a conoscenza, le tendenze pedofile di almeno due sacerdoti. <Ha avuto un atteggiamento assolutamente omissivo - si legge nel provvedimento - e la sola preoccupazione dei vertici della Curia - è triste dirlo - fu quella di salvaguardare l'immagine della diocesi piuttosto che la salute fisica e psichica dei minori che erano affidati ai sacerdoti>.  Il giudice scrive anche che <l'allora vescovo di Savona non esercitò  il suo potere-dovere di controllo sui sacerdoti e di protezione dei fedeli>.

Gli abusi in esame risalgono agli anni '90. Dopo il passaggio di Lafranconi a Cremona, il suo successore in Liguria, monsignor Domenico Calcagno, assunse un atteggiamento di rottura: l'attuale presidente dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede apostolica, da febbraio elevato a cardinale, rimosse entrambi i preti pedofili dagli incarichi (comunità per minori disagiati) dei quali erano diretti responsabili. Oggi l'attuale vescovo di Savona, Vittorio Lupi, sta sostenendo il consiglio pastorale diocesano nell'attuazione di un progetto - appena avviato - di formazione degli educatori per prevenire ulteriori episodi di pedofilia. Nel percorso non è stata coinvolta la Rete L'Abuso, l'associazione locale che tutela le vittime. La stessa che aveva impugnato la richiesta di archiviazione per Lafranconi, avanzata dalla Procura savonese.

Proprio il portavoce della Rete, Francesco Zanardi, a suo tempo abusato da uno dei preti citati nel procedimento, ha voluto commentare l'ordinanza del gip: <In Italia arriva la soluzione per evitare che la  Chiesa cattolica continui a proteggere, nascondere e difendere dei deviati mentali. É triste dirlo, ma con la Chiesa occorre 'il bastone e la carota' per mettere fine ai crimini sessuali commessi dal clero>.

Su una delle pagine Facebook di Zanardi campeggia il testo dell'ordinanza con 'un santino', decisamente esplicito, di monsignor Lafranconi, ribattezzato patrono dei preti pedofili.

Giovanni Panettiere

 

 

 

 
 
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