Preti pedofili, la Cei ha perso un’occasione
LA SENSAZIONE è che si sia persa una grande occasione per recuperare un po’ di credibilità. Che la Cei (Conferenza episcopale italiana) non avrebbe inserito nelle sue linee guida contro gli abusi sui minori l’obbligo per i vescovi di denunciare i preti pedofili lo si sapeva da tempo. Eppure fino all’ultimo si è sperato in uno scatto d’orgoglio. È vero, la circolare della Congregazione per la dottrina della fede (2011), che prescrive a tutti gli episcopati il varo di raccomandazioni ad hoc, impone conformità tra le linee guida ecclesiali e la legislazione civile concorrente. In Italia, non essendo pubblici ufficiali, i vescovi per legge non sono tenuti alla denuncia dei reati. Compresi gli abusi sessuali. Da qui — come ha spiegato il segretario generale della Cei, monsignor Domenico Crociata — il mancato inserimento dell’obbligo nel provvedimento approvato ieri dall’assemblea episcopale.
MA DAVVERO il diktat avrebbe rappresentato una frattura con le norme civili? Difficile crederlo. Piuttosto sarebbe stato uno stimolo anche per il nostro Parlamento a rivedere la normativa in esame. Nella Chiesa d’Irlanda, travolta dalla pedofilia del clero, i vescovi hanno inserito l’obbligo di denuncia nelle loro linee guida. Il precedente, quindi, c’era, non bisognava inventarlo. Evidentemente l’episcopato italiano ha ritenuto di non avere gli stessi problemi dei colleghi gaelici: dal 2000 ad oggi — la fonte è la stessa Cei — sono ’solo’ 135 i casi di abusi commessi da preti contro le centinaia di violenze perpetrate in Irlanda.
SFUMATA la denuncia obbligatoria, nelle nostre diocesi ci si dovrà accontentare di una generica esortazione alla «cooperazione con le autorità civili». Speriamo che basti e non si ripeta quanto accaduto a Savona. Da quelle parti, negli anni ’90, l’allora vescovo Dante Lafranconi coprì gli abusì di due sacerdoti pedofili. Proprio qualche settimana fa, per la prima volta in Italia, un gip ha messo nero su bianco un’accusa così pesante in un’ordinanza di archiviazione per prescrizione del reato.
NELLE LINEE guida non c’è spazio neanche per la proposta di aprire nelle singole diocesi sportelli indipendenti a sostegno delle vittime. A Bolzano il vescovo Ivo Muser va fiero di questa misura, introdotta già da qualche anno. Ma, almeno per un po’, la Chiesa altoatesina resterà un unicum in Italia. Vanno, invece, nella giusta direzione le disposizioni che bocciano il trasferimento da una parrocchia all’altra di un sacerdote sospettato di abusi e quelle che garantiscono il diritto di difesa al prete indagato. Perché, se il fenomeno della pedofilia in abito talare non è un’invenzione della stampa, altrettanto vero è che gli sciacalli sono sempre dietro l’angolo. Purtroppo...
INSOMMA più ombre che luci caratterizzano il nuovo documento della Cei. Forse un maggior dibattito tra i vescovi avrebbe potuto offrire un testo meno controverso. E, invece, dopo il semaforo verde a febbraio del consiglio permanente, le linee guida sono state presentate alla pleanaria episcopale in poche ore. Senza un vero dibattito. Addirittura più di un vescovo, alla vigilia dell’assemblea generale, non sapeva neanche che sarebbero state illustrate durante l’assise.
Giovanni Panettiere