Pacem in terris

Palazzo apostolico, cinque minuti alla mezzanotte

SEMPRE più solo il segretario di Stato, sempre più incerto il pontificato di Joseph Ratzinger. Come se non bastasse il logorante tira e molla con i lefebvriani, che il papa vuole riportare nella Chiesa a costo di minare l'unità dei cattolici e, a quanto pare, anche della destra scismatica, Benedetto XVI si trova ad affrontare una crisi senza precedenti nella Curia romana. Il suo monito, pronunciato durante l'omelia di Pentecoste, sul popolo di Dio come <una nuova Babele>, dove <serpeggia un senso di diffidenza, di sospetto, di timore reciproco fino a diventare pericolosi l'uno per l'altro>, fotografa in pieno la situazione e dà la misura dello sconcerto e dell'inquietudine che avvitano il pontefice.

LA CACCIA ai corvi sta dando i suoi risultati, eppure fuori dal Vaticano l'impressione diffusa è che la quiete dopo la tempesta sia ancora lunga a venire. Almeno fino a quando non cadrà la testa del segretario di Stato, Tarcisio Bertone, braccio destro e amico di  Ratzinger. Il papa non vuole e non può sbarazzarsi di lui. Incastrato addirittura il suo maggiordomo, Benedetto XVI ha paura e non sa di chi fidarsi. L'unico rifugio rimane l'amicizia. In cuor suo vorrebbe ultimare il libro su Cristo e, invece, si trova a dover governare la Curia, da secoli covo di complotti, spie, misteri. Ma mai, mai così divisa.

É SEMPRE più isolato il cardinale Bertone. Fino a poco tempo reggeva il Palazzo apostolico senza che nessuno osasse contraddirlo. Poi è iniziata l'emorragia di consensi. Prima è riuscito nell'impresa di inimicarsi Comunione e liberazione - colpa della sua opposizione alla nomina del cardinale Angelo Scola in quel di Milano e del progetto di un polo sanitario vaticano -, quindi lo strappo con l'Opus Dei. Decisiva in tal senso la fine della luna di miele con l'ex presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi.

LE NUOVE frizioni si sono andate a sommare allo scontento dei prefetti delle sacre congregazioni, insofferenti per l'accentramento di potere in segreteria di Stato, e alla fronda conservatrice di quei cardinali rimasti fedeli all'ex premier vaticano, Angelo Sodano. Porpore che mai hanno perdonato a Bertone il carattere estroverso e la scarsa preparazione in campo diplomatico. L'unica, magra consolazione per l'ex arcivescovo di Genova è la sintonia ritrovata, quantomeno in apparenza, con il presidente della Cei, Angelo Bagnasco. Era dai tempi della lettera, con la quale il segretario di Stato avocava a sé i rapporti con l'Italia, che i due  avevano preso le distanze.

MENTRE la Gendarmeria vaticana fa terra bruciata attorno alle gole profonde, cambia la geopolitica della Santa Sede. E si assottiglia la schiera dei prelati pro Bertone. Al fianco del salesiano restano, oltre al numero due in Segreteria di Stato, monsignor Giovanni Angelo Becciu, i cardinali Giuseppe Versaldi, capo della Prefettura degli affari economici, il presidente dell'Apsa – l'ente che amministra i beni della Santa Sede -, Domenico Calcagno, di recente lambito dallo scandalo pedofilia a Savona, e il cardinale Francesco Coccopalmerio, vertice del Consiglio per i Testi legislativi.

ALLA DESTRA di Bertone la vecchia guardia, quella che non faceva trapelare alcunché dal Palazzo Apostolico, la stessa accusata - celebre lo sfogo pubblico del cardinale Christoph Schonborn – di aver sottovalutato il dramma degli abusi sui minori. Su tutti l'ex segretario di Stato, Sodano, e il prefetto emerito per la Congregazione dei vescovi, Giovanni Battista Re. Per il dopo Bertone l'ala conservatrice scommette sull'attuale prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, Leonardo Sandri, e soprattutto sul ministro del clero, Mauro Piacenza, apprezzato anche dall'Opus Dei e un tempo bertoniano doc.

PIÙ DEFILATI il ciellino, Marc Quellet, erede di Sandri alla Congregazione per i vescovi, e il successore di Ratzinger all'ex Sant'Uffizio, William Levada, ormai prossimo alla pensione. Spettatori, forse non troppo disinteressati, i terzomondisti Joao Braz de Aviz, simpatizzante della Teologia della liberazione, e il ghanese Peter Turkson, a capo del Pontificio consiglio giustizia e pace, ma più che altro autore l'anno scorso di un documento durissimo contro il capitalismo. Che, una volta pubblicato, mandò su tutte le furie il cardinale Bertone, tenuto all'oscuro del testo fino all'ultimo.

NEL PALAZZO apostolico mancano cinque minuti alla mezzanotte, per dirla con le parole del teologo ribelle Hans Kung, uno dei periti storici del Vaticano II. Il tempo per la riforma della Curia, con un decentramento di autorità verso le Chiese locali - nel solco dell'insegnamento conciliare -, non è ancora scaduto. Basta un gesto del papa. Lo sapeva anche un giovane studioso di teologia che non aveva timore di bollare la Curia romana come <fabbrica di pagani>. Si chiamava Joseph Ratzinger e quest'anno festeggerà i cinquant'anni dall'apertura del Vaticano II.

                                                                                                                                        Giovanni Panettiere

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