Pacem in terris

Lefebvriani-Santa Sede, a un passo dalla rottura

<IL CONCETTO secondo il quale un concilio può anche essere in errore risale dopotutto a Martin Lutero. Già solo considerando questo, i tradizionalisti dovrebbero domandarsi dove effettivamente si pongono>. L'ultima bordata ai lefebvriani, equiparati addirittura ai loro peggior nemici, arriva dal cardinale Kurt Koch, tra i più fedeli collaboratori di Benedetto XVI e non certo un porporato sovversivo. La dichiarazione del presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani rientra in un'intervista rilasciata all'agenzia svizzera Apic-Kipa, ripresa dall'Osservatore Romano. Sia per il tono che per l'organo di stampa coinvolto - nientemeno che il quotidiano della Santa sede - l'intervento di Koch suona come il de profundis delle trattative fra Roma ed Econe. A marzo la fine dello scisma sembrava più che abbordabile, oggi il confronto langue a un passo dal naufragio. Se rottura sarà, vorrà dire che il papa avrà mancato uno degli obiettivi chiave del suo pontificato. Non è un mistero che Ratzinger, oltre alla nuova evangelizzazione, senta particolarmente la questione del riassorbimento nella Chiesa della Fraternità di San Pio X.

PER LA VERITA' la partita non è ancora chiusa. I tradizionalisti temporeggiano e tardano a inviare in Vaticano la risposta definitiva al preambolo dottrinale, vergato dalla Santa Sede per ricucire lo strappo. Prima del capitolo generale di giugno il superiore generale della Fraternità di San Pio X, monsignor Bernard Fellay, aveva assicurato una replica <in tempi ragionevoli>, ma, a questo punto, l'attesa è per l'indomani delle ferie. Sempre che Roma non decida di archiviare anzitempo il confronto. L'opzione non è peregrina visto che la strategia del logoramento, sposata dai lefebvriani, sta riuscendo nell'impresa di innervosire anche i cardinali più inclini alla pace con la destra cristiana. Koch in testa.

IN ATTESA di leggere il responso ufficiale di Econe, da settimane sul web serpeggiano gli atti interni della Fraternità,  a dir poco contrastanti sull'esito, positivo o meno, del confronto. L'ultimo documento gettato in pasto alla Rete è una lettera del 18 luglio, scritta dal segretario generale dei tradizionalisti, don Christian Thouvenot, a tutti i superiori dei distretti. Si tratta di un riassunto sullo stato di salute delle relazioni con il Vaticano che mette in chiaro le tre condizioni irrinunciabili, poste a Roma dalla Fraternità, per il suo riconoscimento canonico nella Chiesa cattolica: a) libertà di correggere il Vaticano II; b) uso esclusivo della messa tridentina; c) garanzia di aver almeno un vescovo.

DEL  PRENDERE o lasciare lefebvriano quel che scuote e irrita la Santa Sede è ovviamente il diktat sul Concilio, indigesto ai tradizionalisti per la svolta liturgica, il rilancio dell'ecumenismo e il superamento di qualsiasi traccia di antisemitismo. Da qui l'intervista a muso duro del cardinale Koch, da qualche mese sempre più insofferente davanti alle richieste di Econe. Solo il 16 maggio scorso, nel corso di una conferenza con il rabbino Jack Bemporad, il porporato sottolineò come tutti i documenti del Vaticano II <siano vincolanti>, compresa la dichiarazione Nostra Aetate. Quella che segnò la svolta nei rapporti tra la Chiesa cattolica e gli ebrei.

MA NON TUTTI dentro le mura leonine condividono il rigore di Koch. Solo pochi giorni dopo le sue parole sull'obbligatorietà del Vaticano II, il cardinale Walter Brandmuller, già numero uno del Pontificio comitato di scienze storiche, ha marcato le distanze: < I documenti del Concilio sul dialogo interreligioso e la libertà religiosa non possono avere nessun carattere dogmatico vincolante>. È il segnale che, nonostante la gravità della situazione, i lefebvriani hanno ancora qualche sponda in Santa Sede, almeno tra le vecchie glorie. Sul Vaticano II, però, Benedetto XVI ha le idee fin troppo chiare. Nonostante persegua l'ermeneutica della continuità, in collisione con la tesi della rottura promossa dalla Scuola di Bologna, il papa, che fu tra i periti più progressisti della storica assemblea ecumenica, è convinto della grande eredità del Concilio. <Contiene una ricchezza enorme per l'educazione delle nuove generazioni>, ha dichiarato a luglio nella sua visita pastorale a Frascati. Chi ha orecchi per intendere intenda: neanche la pace lefebvriana può archiviare il Vaticano II.

Giovanni Panettiere

https://www.facebook.com/paceminterris.it?ref=ts

Twitter: panettiereg

comments powered by Disqus