Pacem in terris

L’arcivescovo di Parigi vuole un Papa del dialogo

<ADESSO SERVE IL PAPA DEL DIALOGO. IN AGENDA L'EUCARESTIA A DIVORZIATI>

Ma l'arcivescovo  di Parigi Vingt Trois dice no alle nozze gay     

Intervista pubblicata su Qn (Il Giorno, La Nazione, Il Resto del Carlino), 5 marzo 2013

 

CITTÀ DEL VATICANO

L’APPUNTAMENTO per i cardinali è davanti al cancello alla sinistra del portone dell’Ex Sant’Uffizio. Ore 8,30, così da incominciare la prima congregazione generale puntuali un’ora più   tardi. Le papaline rosse dei prelati italiani fendono la ressa dei cronisti, sorrisi striminziti e una buona dose di distanza. «Noi parliamo solo dentro», stronca le domande l’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, sfoggiando il  plurale maiestatis. Il minuto Dionigi Tettamanzi fatica a raggiungere l’entrata della sala del Sinodo. Tiene il capo basso e non biascica una parola, mentre l’ex presidente della Cei, Camillo Ruini, ottantadue anni incisi sulla patente, dribbla le telecamere al volante di una Passat. Chi non ha fretta è l’arcivescovo di Parigi, André Armand Vingt-Trois. Quasi sembra indugiare di fronte ai taccuini dei giornalisti. Nonostante abbia manifestato la contrarietà della Chiesa transalpina alle nozze omosessuali, non ha fama di falco. Tutt’altro, è uno degli assertori della linea del  dialogo in un’Europa sempre più multiculturale. Vicino all’ex ministro dei  vescovi, Giovanni Battista Re, uno dei registi del possibile ticket Scherer-Piacenza per il dopo Ratzinger, nel pieno della bufera Vatileaks non  ha disdegnato qualche frecciatina all’allora segretario di Stato, Tarcisio Bertone. 
Avete fatto pace, cardinale?
«Ma io non ho attaccato nessuno. Ho solo ricordato a Bertone che a 78 anni si può andare anche in pensione».
Non è stata certo una carezza, non trova?
«Non so, noi vescovi diocesani a quell’età siamo già a riposo».
Benedetto XVI ha imposto il segreto sul rapporto finale Vatileaks. Avrebbe preferito poterlo leggerle integralmente?
«Non è necessario, quella vicenda sarà uno dei temi su cui verteranno le congregazioni generali. Abbiamo una settimana davanti per discutere le urgenze della Chiesa».
La riforma della Curia romana è una delle priorità per il prossimo Pontefice?
«Comunque la si pensi, il successore di Ratzinger dovrà migliorare una struttura che è posta al servizio del suo ministero».
Lei ha detto no al matrimonio fra persone dello stesso sesso, ma anche in Francia, come in Germania e Austria, alcuni preti chiedono un aggiornamento sulla morale sessuale. Che cosa ne pensa?
«Le nozze omosessuali non sono certo un aggiornamento».
L’Eucarestia ai divorziati risposati, invece?
«Credo che il nuovo Papa dirà qualcosa su una questione così sentita».
Qualcuno tra i cardinali, specie in Curia, vorrebbe entrare in Cappella Sistina già domenica. È d’accordo?
  «Personalmente resto più dubbioso. Stiamo iniziando ora il confronto e non si deciso ancora nulla».
Ma la preoccupa l’ipotesi che il Conclave possa essere lungo?
«Non vedo perché dovrebbe. Dipenderà dal lavoro che faremo durante le congregazioni generali. Se il confronto tra gli elettori andrà bene, allora arà tutto più facile».
Che ne pensa dell’ipotesi di un Papa sudamericano?
«Perché no? La Chiesa è universale. L’importante che sia il migliore dei cardinali. Ovvero, poliglotta, intraprendente, aperto al confronto con la pluralità di culture. Serve un uomo del dialogo, insomma».
Può essere l’italiano Angelo Scola?
«Non è l’unico degli italiani in Conclave. Altri potrebbero essere scelti».

Giovanni Panettiere

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