Pacem in terris

Il successo di Francesco spiegato da Ruini

Tutti i segreti della Bergoglio-mania.  <E' anche merito dei nuovi media>.

Il cardinale Ruini: <Ma alla base c'è la profondità del messaggio>

Intervista pubblicata su Qn (Il Giorno-Il Resto del Carlino-La Nazione), edizione del 13 aprile 2013

Giovanni Panettiere
BOLOGNA
UN MESE con Francesco. Trenta giorni nei quali il primo Papa gesuita e latino americano della storia, «con la sua semplicità e immediatezza, ha colpito in maniera profonda ed è andato dritto al cuore delle persone». Il cardinale Camillo Ruini, storico presidente dei vescovi italiani e già vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano — lunedì sarà a Bologna per presentare il suo libro ‘Intervista su Dio’ — plaude al ministero di Bergoglio. Lui che le cronache del preconclave davano tra i sostenitori dei porporati Timothy Dolan e Angelo Scola.
La gente affolla piazza San Pietro, i parroci raccontano di chiese piene e di un ritorno al sacramento della confessione. È solo un effetto mediatico?
«La potenza che hanno oggi i mezzi di comunicazione favorisce la rapidità della diffusione dei sentimenti. Sarebbe però un grosso abbaglio credere che nel caso di Francesco si tratti soltanto o principalmente di questo».
Come si spiega allora tanto successo?
«Merito dei piccoli gesti, ma soprattutto della profondità del suo animo e del suo messaggio. Francesco parla infatti del cuore del Vangelo, cioè dell’amore e della misericordia senza limiti di Dio per ciascuno di noi, anche e specialmente per i più piccoli. È questo che commuove, aiuta a pensare, in concreto converte i cuori e spinge verso il confessionale».
Siti e riviste tradizionaliste, che con Benedetto XVI erano su posizioni papiste senza sé e senza ma, ora criticano lo stile sobrio del nuovo vescovo di Roma. Fanno il male della Chiesa?
«Sono organismi, e dietro di loro ci sono naturalmente persone, senza dubbio in buona fede, che vanno comprese e rispettate. Sono vittime di un equivoco che può essere molto dannoso: rischiano di mettere prima ciò che è secondario».
Tradotto?
«Fondamentale è il rapporto con Dio, fatto di fede, fiducia e amore, e il rapporto tra noi, fatto a sua volta di amore concreto e operoso. Secondarie, anche se possono avere la loro importanza, sono, invece, le forme con le quali il rapporto con Dio si esprime esteriormente. Anche a questo livello, comunque, il Papa non ha cambiato o omesso niente di essenziale».
Ma con un Pontefice emerito la Chiesa non rischia di dividersi?
«Mi sembra una preoccupazione fuori luogo. Il Papa c’è ed è Francesco, come è noto a tutti. Benedetto XVI rimane un grande Pontefice, che ha fatto tanto bene alla Chiesa, ma che ora non è più il Papa: questo è il significato dell’espressione ‘Papa emerito’».
Protestanti e ortodossi hanno apprezzato il fatto che Bergoglio preferisca per sé la dizione di ‘vescovo di Roma’ rispetto a quella di ‘Papa’. Addirittura si vocifera di un viaggio in Terra Santa del patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, insieme a Francesco: l’unità con gli altri cristiani, in primis gli orientali, è più vicina?
«Speriamo davvero che l’unità si sia ulteriormente avvicinata. Per questo dobbiamo soprattutto pregare, piuttosto che lasciarci andare a previsioni che potrebbero rivelarsi avventate o almeno premature».
Nel frattempo il mese prossimo Bergoglio parteciperà all’assemblea generale della Cei. Si dice che potrebbe avallare una riforma dello statuto, affinché i vescovi italiani, al pari degli altri, possano scegliere i loro vertici.
«Da quando ho memoria, tutti i Papi sono intervenuti a quelle assemblee della Cei che si sono svolte a Roma. Sull’elezione del presidente dei vescovi, non è il caso che io entri in queste questioni».

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