Piccole dosi di collegialità
LA RIFORMA della Curia romana si farà. Papa Francesco ha issato le vele della barca di Pietro, con la costituzione di un'inedita commissione cardinalizia che lo consiglierà nel governo della Chiesa universale. A cominciare dalla revisione/snellimento dei dicasteri vaticani, Segreteria di Stato inclusa, ritenuta ormai improcrastinabile dopo le ultime congregazioni generali. Nell'attesa della normativa, che disciplinerà il nuovo organismo, vale la pena soffermarsi sulla virata collegiale impressa da Bergoglio. Il modello di riferimento il papa se l'è trovato in casa, nella sua Compagnia di Gesù. Così come il preposto generale regge la congregazione religiosa, assistito da un direttorio, d'ora in avanti otto cardinali coadiuveranno il pontefice. Ed e evidente lo smacco all'onnipresente Segreteria di Stato e, allargando l'orizzonte, all'intera Curia che dovranno coabitare con un comitato snello, rappresentativo delle diocesi sparse per il mondo, e più idoneo a fungere da filtro immediato tra gli episcopati nazionali e il papa. Proprio come richiesto, alla vigilia del conclave, da un numero crescente di vescovi residenziali, insofferenti a una macchina vaticana accentratrice ed elefantiaca.
FRANCESCO sa bene che la cura dimagrante per il partito romano incontrerà più di una resistenza. Inoltre è consapevole che la riforma della Curia non sia l'unico nodo al pettine della Chiesa. C'è la partita dello Ior, da smantellare o ridefinire radicalmente, l'annosa questione della crisi vocazionale, oltre al capitolo dei divorziati risposati e delle convivenze. Anche per questo Bergoglio vuole decidere lui, ma di concerto con un manipolo di porporati di sua fiducia. Già papa Wojtyla, nell'enciclica Ut unum sint (1995), aveva aperto a un nuovo modo di esercitare la sovranità universale del pontefice, spinto dall'esigenza di rilanciare l'ecumenismo. Oggi Francesco abbozza un primo tentativo, concreto, di realizzare l'auspicio del beato predecessore. Non sarà facile archiviare la monarchia assoluta che governa il popolo di Dio dal Dictatus papae (1075) di Gregorio VII. Di certo, in questo primo mese di pontificato, il successore di Benedetto XVI ha dimostrato di essere insofferente a qualsiasi simbolo del potere (dall'anello piscatorio in oro all'appartamento papale). Per sè preferisce la dizione di vescovo di Roma a quella di papa e ama parlare di una Chiesa in cammino, vescovo e popolo insieme. Come si tradurrà tutto questo Bergoglio ha iniziato a dimostrarlo, con l'istituzione della task-force cardinalizia.
MA E' REALMENTE vera gloria? I limiti del direttorio esistono e non vanno sottaciuti. In particolare ne sottolineamo due: la scelta dei componenti e il ruolo stesso della commissione. Partendo dal primo punto, è apprezzabile che Francesco abbia nominato tutti vescovi attivi sul territorio, compreso il presidente del Governatorato della Città del Vaticano, Giuseppe Bertello, a norma di diritto canonico non un funzionario di Curia. Per di più si tratta di una schiera rappresentativa di tutti i cinque continenti, con nomi di prestigio come quelli del francescano Sean O'Malley o del salesiano Oscar Maradiaga. Resta il fatto che i cardinali sono stati scelti direttamente dal pontefice, quando la collegialità episcopale in senso stretto, avrebbe suggerito di lasciare ai vescovi stessi la nomina dei 'saggi'. Una soluzione bella e pronta sarebbe stata quella di inserire nel direttorio i presidenti delle Conferenze episcopali continentali, per l'appunto eletti dai loro confratelli. Altro, e più spinoso, quello della funzione del direttorio. Nel costituire l'organismo Bergoglio ha preso spunto dal Sinodo dei vescovi, introdotto nel 1965 da Paolo VI. Risultato, a distanza di quasi cinquant'anni ci troviamo ancora innazi a un'altra istituzione dal carattere consultivo. Questo dimostra che per il Palazzo apostolico i tempi non sono maturi per dare il là ad una struttura, presieduta dal vescovo di Roma, che decida liberamente su questioni urgenti di interesse generale. La speranza è che si possa cambiare passo già in questa fase di speranze francescane.
Giovanni Panettiere
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È USCITO il primo libro di. Giovanni Panettiere, Non solo vescovi, Gabrielli editore
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Tre giorni (19-21 aprile) alla scoperta del ruolo del vescovo nella Chiesa cattolica