Padre Puglisi è beato. E il vescovo dice basta ai funerali dei boss
<CHI aderisce a Cosa nostra è fuori dalla Chiesa. Va da sé che, se non si pente, non potrà avere un funerale cristiano. Due più due fa quattro, non cinque>. Si affida alla matematica monsignor Nino Raspanti, vescovo di Acireale, per scomunicare la Mafia, anche sul letto di morte. In una pausa dei lavori della 65esima assemblea generale della Cei, il presule ammette <le compromissioni tra boss e sacerdoti, che si sono avute in Sicilia>, ma sottolinea l'esistenza di <documenti e prese di posizioni recenti dell'episcopato regionale contro ogni logica mafiosa>. Come a dimostrare che, se la strada da percorrere è ancora lunga, il martirio di padre Pino Puglisi a Brancaccio, non è avvenuto invano. Il 15 settembre 1993, il religioso compiva 56 anni sotto i colpi di pistola dei sicari. Oggi, a Palermo, la Chiesa lo ha dichiarato beato davanti a 80mila persone. Non solo cattolici.
Lei, vescovo Raspanti, conosceva padre Puglisi?
<Sì, eravamo amici, una persona eccezionale. Dopo la sua morte ho studiato la sua figura e apprezzato ulteriormente il sacrificio di quest'uomo semplice. E pensare che prima di arrivare a Brancaccio non si occupava nemmeno di contrasto alla Mafia>.
Sono trascorsi vent'anni da quell'omicidio: quale è la lezione di padre Puglisi per la Chiesa del nostro tempo?
<Lui ha seguito il Vangelo con coraggio sino all'atto estremo. Sapeva di essere in pericolo, ma non ha mai cercato il martirio. Voleva e ha tolto giovani reclute a Cosa nostra per avviarle allo studio e al lavoro. Nonostante gli avvertimenti, è andato avanti senza indietreggiare di un millimetro. Per questo dava fastidio, per questo si è sacrificato>.
Una settimana fa lei era in visita ad limina da papa Francesco, insieme agli altri vescovi della Sicilia orientale. Gli avete parlato della beatificazione?
<Il papa si ricordava della celebrazione. Anche se non abbiamo parlato solo e a fondo di lotta alla Mafia, ci ha esortati a stare accanto alla nostra gente, non sul piedistallo, ad accompagnarla in fraternità, con fermezza. Dando una testimonianza ancora più chiara e trasparente contro Cosa nostra>.
La svolta storica del vescovo di Agrigento, che un anno fa negò i funerali a un noto boss della città, va nella direzione auspicata da Bergoglio?
<Condivido la decisione di monsignor Montenegro. L'unica condizione è che si tratti di una persona non pentita e di cui sia comprovata l'affiliazione mafiosa. Il negare le esequie è un atto pubblico di una certa rilevanza, allo stesso tempo deve essere pubblicamente incontrovertibile la natura criminale del defunto. Non bastano i sentito dire>.
Giovanni Panettiere
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