Pacem in terris

Mezzo secolo senza il Papa buono

GIOVANNI XXIII, IL <PAPA BUONO> CHE RIVOLUZIONO' LA CHIESA

Articolo pubblicato sul Quotidiano Nazionale (Il Giorno-Il Resto del Carlino-La Nazione), edizione 4 giugno 2013

PARROCO del mondo, pontefice dalle umili origini, padre del Concilio Vaticano II. Il bergamasco Angelo Roncalli (1881-1963) è stato questo e non solo. La storia lo ricorda come il Papa buono, sfornando un’etichetta bifronte che mette d’accordo critici ed estimatori. I primi, nella bontà ridotta a buonismo sul fronte ecumenico, interreligioso e nel rapporto con la modernità, individuano il tarlo di un pontificato disastroso; i secondi celebrano l’umanità spontanea di un Papa pastore, non più re.

A UN OCCHIO distratto la parabola terrena di Giovanni XXIII potrebbe apparire mediocre, passiva, come in balia degli eventi. Quasi che dall'esterno una mano misteriosa lo avesse elevato alla dignità della storia. Che dire dell'esilio forzato, prima in Bulgaria, poi in Turchia, deciso dalla Santa sede nel 1925 senza che Roncalli opponesse resistenza, o ancora dell'elezione sul soglio petrino a 77 anni per volere di una Curia romana in cerca di un papato di transizione? A 50 anni dalla morte — 3 giugno 1963 —, al lettore si offre una prospettiva inedita, per certi versi ufficiale, che rende giustizia al Papa buono. Un profilo rigoroso del massimo studioso di Giovanni XXIII: Vita di Papa Giovanni, di Giuseppe Alberigo, in edicola con i nostri giornali a soli euro 8,90.

SE NE RICAVA il ritratto di un prete semplice, non semplicista, che, agli inizi del '900, approfondiva l'approccio storico-critico alla Bibbia dell'innovativo Alfred Loisy. Un interesse scandaloso per la Chiesa di Pio X, tanto che Roncalli dovette difendersi dall'accusa, esagerata, di modernismo. Capitolo obbedienza. È vero, il futuro Giovanni XXIII ha sempre avuto un altissimo rispetto per l'autorità ecclesiale, ma non per questo abdicò alla libertà. <Una volta che si ha rinunziato a tutto, proprio a tutto - annotava da Sofia (1928) -, ogni audacia diventa la cosa più semplice e più naturale del mondo>. Come quando, delegato in Bulgaria, frenò il proselitismo in terra ortodossa. Senza dimenticare Istanbul, dove, in anticipo sulla riforma liturgica, inserì qualche  parola in turco nelle sue messe.

PICCOLE tracce del carattere di Roncalli che tradiscono una certa ingenuità del partito romano nel puntare, in occasione del conclave 1958, sull'anziano patriarca di Venezia, con l'illusione di poterlo manovrare una volta eletto. Non solo Giovanni XXIII promulgò la  Pacem in Terris (1963), con la distinzione, dal sapore agostiniano, tra errore ed errante - comunismo e comunisti compresi -, ma soprattutto indisse e aprì il Concilio Vaticano II. Il Papa cullò l'idea nei primi cento giorni di pontificato per annunciarla nel 1959 ai cardinali presi alla sprovvista. Anche perché Roncalli non aveva in mente il solito Concilio dogmatico. No, il Vaticano II doveva essere pastorale per dare <opportuni aggiornamenti> alla Chiesa, in aperto dissenso con i <profeti di sventura> del tempo (Gaudet mater ecclesia, discorso di apertura del Vaticano II, 1962). Nonostante i riassetti sotto Wojtyla e Ratzinger, dopo il Concilio la comunità ecclesiale non è stata più la stessa: dalla messa con la partecipazione attiva dei fedeli e in lingua volgare allo studio della Bibbia anche per i laici, dalla Chiesa popolo di Dio a una visione meno pessimista della modernità.

Giovanni Panettiere

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