Pacem in terris

Papa e gay, Andrea Rubera: ora mi sento accolto

<IO, OMOSESSUALE CREDENTE, FINALMENTE MI SENTO ACCOLTO>

INTERVISTA ANDREA RUBERA, PRESIDENTE DI 'NUOVA PROPOSTA'

Articolo pubblicato sul Qn (Il Giorno- Il Resto del Carlino- La Nazione), edizione del 30 luglio 2013

 

ROMA

SARÀ anche vero che la sortita del Papa («Chi sono io per giudicare una persona gay che cerca il Signore con buona volontà? Gli omosessuali vanno accolti e non discriminati. Il problema non è avere questa tendenza») non stravolge il magistero della Chiesa. Ma la sospensione del giudizio e il linguaggio inclusivo fanno breccia tra i veri protagonisti della vicenda: le lesbiche e i gay credenti che reclamano accoglienza nelle parrocchie. Come Andrea Rubera, 47 anni, un posto di lavoro in una nota azienda di telecomunicazioni e presidente di Nuova proposta, l’associazione di cristiani omosessuali della Capitale.
Che cosa ha provato nell’ascoltare le parole di Francesco?
«Mi si è aperto il cuore, era il primo passo che sinceramente mi aspettavo e desideravo da un Pontefice. Non sono così ingenuo da pensare che Bergoglio dica sì ai diritti civili per i gay e le lesbiche. Anche perché, in un Paese davvero laico, non è questo il compito della Chiesa».
C’era bisogno di un appello all’accoglienza del Papa?
«Sicuramente. Per la prima volta mi sono sentito incluso e non escluso dalla Chiesa. Di norma, quando preti, vescovi o laici parlano degli omosessuali, sottolineano che sì sono ben accetti, a patto che portino la croce e vivano in castità».
Ma non è il Catechismo a ricordare che l’inclinazione omosessuale è «oggettivamente disordinata» e i rapporti sono «intrinsecamente disordinati»?
«Questo è vero, tuttavia dice anche che i gay e le lesbiche vanno accolti e rispettati. Non credo sia un dato di poco conto il fatto che Francesco abbia voluto riprendere proprio questo articolo del Catechismo e non gli altri. Possibile che convivo con il mio compagno Dario, da 27 anni e per una parte della Gerarchia ecclesiale dobbiamo restare nascosti?».
Un cambio di passo il Papa lo imprime, quando riconosce che la tendenza omosessuale «non è un problema». Per lui il nodo è fare lobby. Concorda?
«È offensivo parlare di lobby gay come fanno i fondamentalisti cattolici. Se davvero esistesse, questi lobbysti andrebbero presi a bastonate dati i risultati prodotti: il nulla più assoluto».
Intanto, però, scoppia il caso dello stilista del Pontefice. Avrebbe ottenuto il posto, perché omosessuale, per giunta vicino ad Arcigay. C’è già chi vuole cacciarlo.
«Gardiamo se è un buon sarto, non se è gay o se si chiama Pluto ovvero Plauto».
Francesco ha fatto il primo passo. Quale è il secondo che lei, da omosessuale credente, spera e si attende?
«Mi auguro che voglia incontrare le persone gay e lesbiche credenti, non tanto le associazioni. Sarebbe un altro segno di quella tenerezza che il Papa proclama dal suo primo giorno sul soglio di Pietro».

Giovanni Panettiere

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