Pacem in terris

Corsa alla porpora cardinalizia, chi sale e chi scende

SE LA VECCHIAIA assottiglia il conclave, Francesco si prepara a infondere energie fresche al club più esclusivo della Chiesa. La data c'è e non mancheranno le sorprese su chi riceverà la porpora e chi resterà al palo. A febbraio si conteranno 14 posti vacanti rispetto al tetto massimo di 120 cardinali elettori (gli under 80), fissato da Paolo VI nella costituzione Romano pontifici eligendo (1975). Le berrette rosse in palio saliranno a 16 a fine marzo. Da qui la scelta del papa di convocare, per il prossimo 22 febbraio, il suo primo concistoro per la creazione dei nuovi principi della Chiesa. Anche i suoi immediati predecessori, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, a un anno circa dalla salita al soglio petrino, misero mano al Sacro collegio. Entrambi elevando alla dignità cardinalizia quindici vescovi, più o meno la stessa cifra in ballo con Bergoglio.

IL GIORNO deciso per il concistoro non è stato scelto a caso. Il 17 e 18 febbraio il vescovo di Roma riunirà il consiglio degli otto cardinali che ha voluto al suo fianco per assisterlo nel governo della Chiesa, con un occhio di riguardo alla riforma della Curia. Dopo gli incontri di ottobre e del prossimo dicembre, si tratterà del terzo appuntamento del G8 vaticano. Qualche giorno prima si riuniranno i quindici porporati impegnati nello studio dei problemi organizzativi ed economici della Santa sede. Al 22 febbraio, quindi, la carne al fuoco sarà tanta, le proposte pure, così, con ogni probabilità, Francesco farà precedere al concistoro una riunione del plenum dei cardinali per un confronto reale sui nodi della Chiesa. Non sarebbe uno strappo alla prassi ecclesiale visto che già Wojtyla e Ratzinger si comportarono in maniera analoga. Certo è che una simile assise, nel contesto del cantiere delle riforme aperto da Bergoglio, rafforza la via maestra del pontificato argentino, la collegialità. E rischia di diventare più interessante della stessa corsa alla berretta rossa.

ALLA RIVISTA Civiltà cattolica Francesco ha confessato di essere un impulsivo, ma anche di voler puntare, da buon gesuita, sul discernimento per evitare passi falsi. Quelli che, tra l'altro, sono sempre in agguato, quando si tratta di scegliere a chi aprire le porte della Cappella sistina. Sicuramente al papa potrà dare più di una mano il neo segretario di Stato, monsignor Pietro Parolin, accorto e mite ex nunzio apostolico in Venezuela, da anni abituato a vagliare curricula di candidati. Del vicentino si parla come uno dei cardinali che potrebbero uscire dal prossimo concistoro. La rosa dei prescelti sarà diffusa solo un mese prima dell'appuntamento, ma, voci a parte, la porpora per Parolin appare prematura. Vuoi perché Bergoglio ha scelto di non nominarlo protosegretario di Stato - la dizione usata per il primo ministro vaticano in predicato di ricevere la berretta rossa -, come accadde invece ad Angelo Sodano nel 1990; vuoi perché il pontefice avrebbe intenzione di ridimensionare l'ufficio del segretario di Stato, trasformandolo in una sorta di segretario papale, archiviando così la controversa stagione del 'vice pontefice' Tarcisio Bertone.

LASCIANDO i riflettori puntati sulla Curia romana, il favorito per un posto da cardinale è monsignor Gerhard Ludwig Müller. Andato in bianco nell'ultimo concistoro firmato Ratzinger (24 novembre 2012) - l'ex arcivescovo di Ratisbona era arrivato solo da qualche mese in Santa sede -, per il vertice della Dottrina della fede questa potrebbe essere la volta buona. La sua simpatia per la Teologia della liberazione, comunque compensata da una ferma opposizione alla prassi ortodossa sul matrimonio, che benedice le seconde nozze dopo un cammino penitenziale, non disturba più di tanto Francesco, anzi. Come Müller anche il prefetto della Casa pontificia Georg Gänswein, ex segretario particolare di Benedetto XVI, è in lizza per la berretta rossa: l'elevazione alla dignità cardinalizia sarebbe il suggello di un rapporto di stima fra Bergoglio e il suo predecessore, anche se il caso recente del 'vescovo spendaccione' a Limburg ha evidenziato accenti differenti tra il più indulgente Gänswein e il papa. Diverso il discorso per il nuovo numero uno della Congregazione per il clero, monsignor Beniamino Stella. Salvo clamorosi colpi di scena, dovrà attendere almeno un secondo concistoro. Porpora lontana anche per il ministro della Famiglia, monsignor Vincenzo Paglia, ma qui il problema non è di nomina. Il presule sarebbe indagato dalla magistratura italiana nell'ambito dell'inchiesta sul mega buco da 20 milioni di euro della diocesi di Terni, guidata da Paglia dal 2000 al 2012. <Non ho mai ricevuto avvisi di garanzia>, si è difeso l'arcivescovo. Va meglio a monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificio consiglio per la Nuova evangelizzazione. Dopo essere rimasto a lungo a bocca asciutta, l'amico di Oriana Fallaci potrebbe diventare principe della Chiesa.

LE ATTESE sono per un concistoro che premi i vescovi diocesani più che il partito romano. Non è un mistero che l'ecclesiologia di Bergoglio, debitrice del teologo argentino Juan Carlos Scannone, si fondi sul concetto di popolo di Dio, con i pastori <davanti, in mezzo e dietro> al gregge. Torino e Venezia, due delle nove sedi cardinalizie in Italia, hanno i loro arcivescovi ancora senza porpora. Sia il ruiniano Cesare Nosiglia che il patriarca Francesco Moraglia, ultimo erede del conservatore Giuseppe Siri, dovrebbero essere della partita. Ma il nome nuovo che circola  sottotraccia è quello di monsignor Bruno Forte, attuale ordinario di Chieti. Proprio di recente il pontefice l'ha nominato segretario del Sinodo straordinario sulla famiglia, in agenda a ottobre 2014. Una promozione che va sottolineata per un duplice motivo. Il primo affonda le radici nel Sinodo sulla nuova evangelizzazione dell'anno scorso durante il quale l'arcivescovo si mostrò particolarmente sensibile al nodo della Comunione ai divorziati risposati, guarda caso uno dei temi all'ordine del giorno nella prossima assise. <Non c'è dubbio che l'essere impediti della partecipazione sacramentale dell'Eucarestia per i genitori di famiglie di divorziati risposati - ammise Forte  - condiziona e condizionerà nel tempo anche i figli>. Ma l'arrivo dell'arcivescovo nella cabina di regia sinodale è anche un segnale per la Conferenza episcopale italiana. Quasi una rivincita per il teologo che nel lontano 1985, al Convegno ecclesiale di Loreto, si vide respinta la relazione introduttiva da Giovanni Paolo II che nell'occasione spianò la strada all'allora ausiliare di Reggio Emilia, Camillo Ruini. In questi anni per Forte, al massimo, si sono spalancate le porte di Chieti, dove è arcivescovo dal 2004.

GUARDANDO fuori dal Belpaese possono sperare nella dignità cardinalizia monsignor Vincent Nichols, arcivescovo di Weestmister, contrario alle nozze gay, ma sensibile ai Dico in salsa britannica, e gli statunitensi Josè Gomez (Los Angeles), legato all'Opus Dei, e il pellerossa Charles Chaput (Philadelphia). Quest'ultimo, in corsa per la successione a Timothy Dolan alla guida della Conferenza episcopale statunitense, qualche mese fa si è fatto interprete del disagio della destra cristiana a stelle e strisce di fronte al tornado Bergoglio. Il Papa lo ha detto: <La Chiesa è unità, non uniformità>. Vedremo se Francesco premierà anche chi, come Chaput, vanta sensibilità ben diverse dalla sua.

Giovanni Panettiere

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