Nomina dei vertici e Sinodo: l’episcopato italiano non segue papa Francesco
SE NON è una fronda, poco ci manca. Ha ben poco da sorridere papa Francesco dopo l'ultimo consiglio permanente della Cei. Nei mesi scorsi il pontefice aveva sollecitato i vescovi italiani ad avviare una consultazione interna sulla modifica dello statuto, affinché si allineassero alle altre conferenze episcopali che da anni eleggono autonomamente i loro presidenti e segretari. Così accade, per esempio, negli Stati uniti, dove a novembre il moderato Joseph Kurtz ha preso il posto del conservatore-creativo Timoty Dolan, così è norma nella Germania di monsignor Robert Zollitsch che il mese prossimo passerà il testimone. Solo l'Italia non ha ancora imboccato la via della democrazia e, a quanto pare, non intende farlo. Almeno non nella forma piena auspicata da Bergoglio.
I VESCOVI <ribadiscono l'importanza che sia salvaguardato il peculiare rapporto tra la Chiesa, che è in Italia, e il Santo padre. In questa luce, si ritiene che la nomina del Presidente della Cei debba continuare a essere riservata al Papa>. A metterlo nero su bianco, in un comunicato finale insolitamente dettagliato per le riunioni del consiglio permanente, è il neosegretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, nominato ad interim da Francesco nella speranza che anche il numero due dell'episcopato potesse essere scelto dai diretti interessati, magari fra i preti e non più tra i successori degli apostoli. Non sarà così: la nota conclusiva precisa che la maggioranza dei vescovi vuole che il segretario continui a essere uno di loro, scelto sempre dal pontefice a partire da una rosa di nomi proposta dalla presidenza, sentito il Consiglio episcopale permanente. E pensare che, prima nel 1967 e poi nel 1983, per ben due volte l'episcopato ha chiesto di avocare a sè la scelta dei suoi vertici. Ma Paolo VI e Giovanni Paolo II risposero picche. Altri tempi. Ora, per uno strano scherzo del destino, sotto Bergoglio i ruoli sono ribaltati: l'annichilimento della collegialità episcopale nel post Concilio e una certa disaffezione al confronto interno, tipica del ventennio ruiniano, hanno dato i loro frutti tra le fila dei vescovi del Belpaese.
PER CONTEMPERARE comunque la richiesta, avanzata dal papa, di un maggior coinvolgimento dell'episcopato nella scelta del presidente con il mantenimento della libertà di nomina in capo al santo padre, il parlamentino della Cei ha individuato due percorsi operativi: il primo prevede la consultazione di ciascun vescovo prima della designazione ufficiale per mano del pontefice; il secondo aggiungerebbe alla procedura precedente un ulteriore passaggio, stavolta in seno all'assemblea generale che verrebbe chiamata a esprimere la propria preferenza su una quindicina di nomi, corrispondenti ai candidati maggiormente segnalati, lasciando poi mano libera al santo padre. Sulla scelta di uno due iter potrebbe pronunciarsi già la plenaria dell'episcopato, in agenda a maggio. «Il Papa continua a nominare, ma non lo fa sulla testa dei vescovi - è la sintesi di Galantino -. Lo farà sulla base di una consultazione tra i vescovi».
VERO, ma in ogni caso si tratterebbe solo d'istituzionalizzare nel dettato dello statuto una prassi già ampiamente consolidata all'interno della Cei. Nei fatti, prima della nomina ufficiale da parte del papa, si assiste sempre a una consultazione, più o meno riservata, dei vescovi.. Celeberrima quella del 2006, promossa dall'allora nunzio apostolico in Italia, Paolo Romeo, per sondare gli umori dell'episcopato sulla successione del cardinale Camillo Ruini. Dalle urne uscì fuori il nome dell'arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, anche se alla fine Benedetto XVI scelse Angelo Bagnasco (Genova).
A QUESTO punto, appare tutt'altro che scontato il via libera di Francesco al compromesso delle 'primarie'. Più probabile un suo placet iuxta modum. Non a caso lo stesso Galantino, parlando a tu per tu con i giornalisti, dopo aver rimarcato <lo stupore di qualcuno per l'esito della consultazione>, ha garantito che <non abbiamo difficoltà ad apportare modifiche, se il papa ci dirà: 'Signori vescovi, vi siete sbagliati, io volevo che il presidente lo sceglieste proprio voi'>. In quest'ultimi mesi, tra l'esilio di monsignor Mariano Crociata a Latina, la nomina ad interim del segretario della Cei, l'entrata di monsignor Gualtiero Bassetti nella prestigiosa Congregazione per i vescovi al posto di Bagnasco e la stessa porpora cardinalizia per il primo, Bergoglio ha esplicitato la sua insofferenza verso certi meccanismi dell'episcopato italiano e probabilmente anche nei confronti dell'attuale dirigenza. Ciononostante, alla resa dei fatti, i vescovoi tirono dritto come se nulla fosse, forse con qualche smarrimento in più.
IL RISULTATO è che il pontefice, oltre alla vicenda-elezioni, è costretto a ingoiare anche ritardi e resistenze sul questionario per il sinodo dei vescovi sulla famiglia. Non solo in arcidiocesi come Bologna e Torino gli arcivescovi hanno preferito sensibilizzare per lo più il clero, quando, invece, il papa aveva chiesto che la distribuzione del documento fosse la più capillare possibile, ma, dati alla mano, una buona fetta di diocesi non ha ancora spedito alla segreteria generale le sintesi del materiale raccolto sul territorio. Il limite per l'invio scadeva il 7 gennaio, ebbene una cinquantina di Chiese locali su duecentoventisei a oggi non ha ancora trasmesso i risultati. A tutto ciò si aggiunge il fatto che nel consiglio permamente, conclusosi giovedì, si è sorvolato sul nodo del taglio delle diocesi, una delle richieste espresse dal papa in occasione dell'incontro con i vescovi italiani a maggio.
POCHI giorni fa la storica rivista musicale Rolling stone ha applaudito alla 'rivoluzione gentile' di Bergoglio. Non male, ma, di fronte alle resistenze e all'immobilismo del nostro episcopato, c'è da chiedersi se non sia il caso di alzare il volume e suonare un po' di sano rock 'n' roll. Papa Francesco ci pensi, tanto lo sa che quella non è e non è mai stata la musica del diavolo.
Giovanni Panettiere
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