Pacem in terris

Il Papa dell’austerity non molla. Tremano i principi della Chiesa

La stanza 201 del Papa a Santa Marta

IL PAPA DELL'AUSTERITY NON MOLLA. TREMANO I PRINCIPI DELLA CHIESA

Articolo pubblicato sul Qn (il Giorno, il Resto del Carlino, la Nazione), edizione del 18 aprile 2014

ROMA

CHE TIRASSE brutta aria per vescovi e cardinali dediti al lusso lo si era capito già nelle diocesi lontane da Roma. Papa Francesco vuole una Chiesa povera per i poveri e, appena sente odore di ricchezza fine a se stessa, fa piazza pulita, senza troppi complimenti. Ne sa qualcosa monsignor Franz-Peter Tebartz-Van Elst, vescovo di Limburg, in Germania, che, a marzo, è stato rimosso dopo lo scandalo scoppiato nella sua diocesi per le spese di ricostruzione del palazzo vescovile. Trentuno milioni tondi tondi per una residenza, con tanto di cappella privata e vasca da bagno, per giunta doppia, dal valore di 15mila euro. Appena qualche settimana più tardi la lezione di umiltà di Bergoglio ha fatto capolino negli Stati Uniti. Esattamente ad Atlanta. Qui monsignor Wilton Gregory, già capo della Conferenza episcopale americana, memore della vicenda del confratello teutonico, ha preso carta e penna e ha chiesto scusa ai fedeli inferociti. La sua colpa? Aver sborsato oltre 2 milioni di dollari per sistemare la sua nuova residenza: un’elegante villa grande 600 metri quadrati. Gregory si è detto pronto a venderla e non ci sono dubbi che ‘il consiglio’ al vescovo sia arrivato direttamente dal Papa. Che, stando ai ben informati, è pronto ad applicare misure severe ai danni dell’ex presidente dell’episcopato Usa nel caso in cui questo si mangiasse la parola data.

LA CROCE d’argento al petto, la scelta di vivere a Santa Marta, l’utilitaria per i viaggi fuori dalle mura leonine. Bergoglio fa sul serio e adesso è pronto a intensificare la sua opera di austerity in Vaticano e dintorni. Il caso dell’appartamento dell’ex segretario del Sinodo, Nicola Eterovic, in via della Conciliazione, trasformato in poco tempo e su ordine dello stesso Papa in una serie di uffici, è solo la punta dell’iceberg. Monsignori e cardinali guardano con preoccupazione alla riunione del G8 vaticano a fine aprile che potrebbe decretare la chiusura di non pochi dicasteri vaticani per evitare doppioni e spese eccessive.

D’ALTRA parte alcuni segnali del nuovo corso anche dentro le mura leonine si erano già avuti proprio all’inizio del pontificato, quando Francesco, non senza qualche polemica, aveva tagliato l’indennità per i 4.000 dipendenti della Santa Sede, normalmente pagata in caso di sede vacante. Altri tempi. Poco dopo aver rivisto gli stipendi degli impiegati, l’attenzione di Bergoglio si era focalizzata sui portafogli dei cardinali della commissione Ior, banca che proprio recentemente è stata ‘graziata’ dal gesuita — fino all’ultimo Francesco ha cullato l’idea di chiudere definitivamente l’istituto — anche se è all’orizzonte una radicale riforma della struttura. Ogni porporato ha uno stipendio da cinquemila euro mensili, quello che un tempo si chiamava ‘piatto cardinalizio’. Gli assegni dei cardinali di Curia sono tutti uguali, salvo per i cinque commissari dello Ior che, fino al papato di Ratzinger, godevano di un’ulteriore indennità di 2.100 euro mensili. Arrivato Bergoglio, il bonus è saltato, senza troppe discussioni. Chiaro è che queste ‘rivoluzioni’ all’insegna della sobrietà non piacciono a certi prelati. Per accorgersene bastava vedere le facce di alcuni prefetti di Curia, seduti sui torpedoni che accompagnavano il Papa e i suoi collaboratori in ritiro ad Ariccia. Francesco se la rideva, mentre dietro di lui si contavano i musi lunghi.

Giovanni Panettiere

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