Pacem in terris

Il Papa e l’arresto del vescovo pedofilo: un capolavoro di misericordia

Il Papa inasprisce la linea del rigore

 

CHI SI AUGURAVA  una svolta radicale della Chiesa nella lotta alla pedofilia finalmente può tirare un sospiro di sollievo. L’arresto dell’arcivescovo polacco Jozef Wesolowski, ex nunzio a Santo Domingosegna un punto di non ritorno nella strategia della Santa Sede contro gli abusi sui minori. Non solo perché, almeno in tempi moderni, mai era accaduto che la gendarmeria vaticana fermasse un alto prelato dentro le mura leonine, quanto piuttosto perché la mossa di Papa Francesco intercetta e soddisfa un bisogno sacrosanto e crescente nella comunità internazionale: l’esigenza che almeno la Sposa di Cristo, quantomeno la Chiesa, madre e matrigna dell’uomo, non lasci nulla di intentato nella repressione di un crimine particolarmente odioso.

NON BISOGNA per forza essere un giustizialista per riconoscere che sono lodevoli gli incontri con le vittime dei preti-pedofili, le lacrime di compatimento, la centralizzazione dei processi canonici ai chierici accusati di violenze, l’innalzamento dei termini di prescrizione del reato, ma molto di più vale l’arresto di un accusato di abusi qualora sussista il pericolo di fuga e d’inquinamento delle prove. Questo anche se la persona coinvolta è un nunzio apostolico di lungo corso, ordinato prete e poi arcivescovo da un santo come Giovanni Paolo II.

BENEDETTO XVI intimò nel 2006 al fondatore dei Legionari di Cristo, padre Marcial Maciel, invischiato in una storiaccia di violenze sistematiche su seminaristi e persino sui suoi figli, di ritirarsi a una vita riservata e di preghiera. Il Papa tedesco ebbe la forza di perforare il muro di gomma vaticano che per decenni ha coperto il religioso. Definì Maciel <un falso profeta>, lo screditò pubblicamente, ma, facendo leva sul precario stato di salute dell'accusato, gli risparmiò un processo canonico. In buona sostenza, lo salvò dal rischio di una scomunica latae sententiae, la pena comminata dal Codice di diritto canonico a un sacerdote — questa era l’accusa principale contro il leader tradizionalista — che, una volta compiuto un peccato contro il sesto comandamento, assolva sacramentalmente il o la ‘complice’ del rapporto sessuale consumato.

OTTO anni più tardi, Bergoglio, inasprendo la linea del rigore del predecessore, non ha esitato a ricorrere  ai domiciliari per Wesolowski, le cui colpe, almeno allo stato attuale dell'inchiesta penale vaticana, appaiono meno gravi di quelle di Maciel. Certo, le Nazioni Unite e Santo Domingo premevano sulla Santa Sede, affinché non sottovalutasse la vicenda, ma la differenza di trattamento fra il polacco e il messicano non può essere cancellata.

CON IL CASO Wesolowski, Francesco ha scoperchiato un pentolone degli orrori. Ha esposto alla luce del sole un piaga vergognosa per la Chiesa. Questo va detto e... va applaudito.  Per troppi decenni i vertici ecclesiali, in materia di abusi sui minori, hanno preferito salvaguardare l’immagine pubblica del popolo di Dio, terrorizzati dal fatto che il clamore mediatico potesse soffocare lo Spirito. Balle e ipocrisia. Paradossalmente, è sollevando il tappeto che la Chiesa respira e si schiera, non più solo a parole ma anche nei fatti, dalla parte delle vittime.  E mostra misericordia verso i peccatori. Che, solo una volta nudi, spogliati di privilegi, protezioni e immunità, possono prendere coscienza del male commesso, redimersi e sperare nel perdono di Dio.

FA MALE scriverlo, perché siamo convinti che sia stata la decisione più dolorosa assunta da Bergoglio in quest'anno e mezzo da vescovo di Roma, ma crediamo che l’arresto dell'ex nunzio sia l’atto più significativo, quello che dà la misura di un pontificato votato alla trasparenza, al rigore e alla misericordia. Questo ben più della scelta di restare a Santa Marta, più del viaggio a Lampedusa, più della sedia vuota al concerto in chiusura dell’Anno della fede. La rimozione due giorni fa di un vescovo del Paraguay, monsignor Rogerio Ricardo Livieres Plano (Opus Dei), che avrebbe coperto e promosso un prete pedofilo, dimostra che non siamo davanti a un provvedimento isolato. Il passato è ormai alle spalle, nonostante le resistenze sempre più ruvide.

Giovanni Panettiere

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