Pacem in terris

L’autobiografia dell’ex abate Franzoni, il benedettino che amava troppo gli operai

 

L'ex abate di San Paolo, Giovanni Franzoni

 

L'AUTOBIOGRAFIA DI DOM FRANZONI, IL BENEDETTINO CHE AMAVA TROPPO GLI OPERAI

Articolo pubblicato sul Qn (il Giorno, il Resto del Carlino, la Nazione), edizione del 9 novembre 2014

COME si fa a intitolare il racconto della vita di uno dei più significativi abati di San Paolo fuori le mura, fra gli ultimi protagonisti del Vaticano II (1962-1965) ancora al mondo, Autobiografia di un cattolico marginale? È inconcepibile. O forse no, se il protagonista è l’86enne Giovanni Franzoni, ex monaco benedettino che in appena tredici anni si ritrovò prima catapultato al vertice di una delle quattro basiliche pontificie (1963) e poi ridotto allo stato laicale (1976). Dalla gloria all’isolamento. Nel decreto di condanna della Congregazione per la dottrina della fede, controfirmato da Paolo VI, si rimprovera a Franzoni l’adesione al Pci. Tesi fortemente rigettata dal diretto interessato che nel libro conferma la sua dichiarazione di voto in quegli anni per i comunisti, ma precisa di non aver mai preso la tessera. «Noi — è il ricordo di Franzoni — non volevamo un nuovo sincretismo tra ideologia marxistae fede cristiana, né mettere il ministero episcopale al servizio di una parte politica, chiedevamo solo di amare Cristo nella Chiesa senza rompere la nuova solidarietà creata con i lavoratori organizzati».

VA DETTO che la riduzione allo stato laicale è stata solo la punta dell’iceberg di una serie di misure punitive contro il religioso. A partire dalla cacciata da San Paolo (1973) a causa dell’impegno di Franzoni a favore degli operai in lotta, compresi quelli della Pontificia Opera di Assistenza. Prima della reductio, scattò anche la sospensione a divinis dopo l’appoggio al fronte del no all’abrogazione, via referendum, della legge sul divorzio (1974). Si deve parlare allora di persecuzione? Niente affatto. La stessa narrazione dell’autobiografia è sgombra da contrappunti vittimistici. Piuttosto Franzoni si preoccupa di inserire la sua esperienza nel contesto di un post Concilio schiacciato fra le spinte in avanti dei novatores e le retromarce dei tradizionalisti. Da una parte, l’abate di San Paolo, dall’altra, Lefebvre, in mezzo il travaglio psicologico di Montini, il pontefice «più progressista del Novecento». A dirlo è proprio Franzoni che del papa bresciano celebra le critiche al capitalismo e la spogliazione dal potere temporale.

OGGI  l’ex benedettino continua a essere un punto fermo della Comunità cristiana di base di San Paolo fuori le mura, fondata da lui ai tempi del ministero in basilica. Certo, gli anni ruggenti sono lontani per Franzoni, ma sempre più, perfino dentro le curie, sottovoce, ci si domanda se a perdere sia stato l’abate o non piuttosto la Chiesa che lo punì così duramente.

Giovanni Panettiere

Twitter: panettiereg

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