Pacem in terris

Ragazzini fanno sesso con una coetanea: il video spedito a migliaia di amici. Intervista allo psichiatra Crepet

INTERVISTA ALLO PSICHIATRA CREPET: <LA PUNIZIONE MIGLIORE? LAVORINO CON CHI SOFFRE?>

Articolo pubblicato sul Qn (il Giorno, la Nazione, il Resto del Carlino), edizione del 6 dicembre 2014

 

Giovanni Panettiere
«CHE NESSUNO bolli quanto accaduto come ‘una ragazzata’. Quel che hanno commesso questi adolescenti è gravissimo. Al giudice vorrei dare un suggerimento».
Quale?
«Spedisca i tre a fare un po’ di volontariato in un reparto di oncologia pediatrica. Vedendo la sofferenza dei loro coetanei, capiranno il male che hanno compiuto. Uno dei grandi problemi dei ragazzi di oggi è che non conoscono il dolore: sono come anestetizzati».
Lucido e diretto, Paolo Crepet, 63 anni, psichiatra, ha scandagliato a più riprese, fra ambulatorio, libri e conferenze, il lato oscuro dell’adolescenza. La solitudine, il rapporto difficile con la sessualità, l’ossessione per i social network, ingredienti che non mancano neanche in quest’ultima, squallida storia ‘girata’ nella bassa trevigiana.
È la solita adolescenza brucia tappe, dottore?
«Se vogliamo far luce su casi come questo, non possiamo perdere di vista tre precondizioni. Primo, i ragazzini sono dei nativi di Facebook. Conoscono a menadito i social network, sanno che tutti, anche i loro nonni, guardano le foto e i video postati, meglio se non da educande. Viviamo, poi, in una società invasa dal sesso. Che irrompe nei film, nella politica, nella pubblicità, è un po’ il nostro pane quotidiano. Forse solo papa Francesco non ne parla. Infine, c’è il dramma più grosso: l’abbandono dei minori. Mai nella storia gli adolescenti hanno sperimentato la solitudine come nel nostro tempo».
Vuol dire che la colpa di queste violenze a sfondo sessuale ricade anche sui genitori?
«Non getto la croce sulle spalle di nessuno. Mi limito a dire che non poche mamme e papà, con la scusa della crisi e della conseguente necessità di lavorare di più, lasciano i figli da soli per ore».
La tredicenne di Castelfranco Veneto ora è seguita da uno psicologo. Potrà superare il trauma?
«Tutto si recupera, anche se potrebbe essere necessario un percorso lungo e complicato. Speriamo solo che i suoi coetanei siano puniti duramente. In questi casi, non serve la sospensione da scuola che è proprio quello che vogliono i diretti interessati. Piuttosto, sarebbe meglio che facessero più ore sui banchi e poi dritti in un reparto di oncologia infantile a fare volontariato».
Resta il fatto che gli adolescenti sentono, vedono e praticano sesso, ma non hanno alcuna educazione alla sessualità.
«Verissimo, anche se parlerei piuttosto di educazione sentimentale. Questa dovrebbe entrare nelle scuole e non essere lasciata solo ai genitori, i quali non sempre sono all’altezza».
Una materia simile ancora non esiste: paghiamo lo scotto di essere un paese a tradizione cattolica e con tanti tabù, almeno a parole?
«Non credo che questo incida più di tanto. Certo è che anche la Chiesa dovrebbe fare la sua parte. Invece, di lanciare crociate contro il divorzio, anche nei casi in cui questo per la donna è l’unica via d’uscita a una quotidianità fatta di violenze, sarebbe bene che si occupasse della solitudine dei minori. Li chiamiamo tali per una sorta di lapsus freudiano, ma, in verità, sono così, perché hanno meno diritti».

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