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Il vescovo pop che canta a messa: ‘Così racconto Gesù ai giovani’

 

 

IL VESCOVO POP CHE CANTA A MESSA: ' COSI' RACCONTO GESU' AI GIOVANI'

Articolo pubblicato sul Qn (il Giorno, la Nazione, il Resto del Carlino), edizione del 4 aprile 2015

 

 

 

Giovanni Panettiere

ROMA

«CHI canta prega due volte», insegnava Sant’Agostino. E «magari riesce a farsi comprendere meglio nelle sue omelie», aggiunge monsignor Antonio Staglianò, schiarendosi la voce ‘sanremese’. In queste ore è lui l’idolo del web, il cinquantacinqueenne vescovo di Noto, teologo di rango, dal sangue calabrese trapiantato oltre lo Stretto. Tutta‘colpa’ di un video in cui lo si vede intonare tre brani di due stelle del pop, Noemi e Mengoni, nel bel mezzo dell’omelia per i cresimandi di Scicli, nel Ragusano.

Eccellenza, complimenti per la voce, tra lei e suor Cristina è proprio una bella sfida...

«Grazie, grazie, ma adesso non dite che faccio le omelie cantando. Il mio non è e non sarà mai uno show. Quelli immortalati dal video sono solo quattro dei ventottominuti della predica».

Quanto basta comunque per strappare l’attenzione dei ragazzi, non trova?

«Un anno fa, in occasione della Giornata diocesana della gioventù, ho parlato dell’amore, quello vero, illuminato dalla luce di Gesù. L’ho fatto cantando e spiegando brani di Arisa, Vecchioni, Nek, Noemi e Mengoni. In questo modo sono riuscito a spingere i ragazzi a compiere un discernimento critico che forse, parlando normalmente, non sarei stato in grado di suscitare. ‘Ti amo’, ‘amore’, oggi le parole si sprecano, ma rischiano di diventare vuote, se non andiamo al cuore che riempe la parola ‘amore’ del suo contenuto umano. Bisogna tornare all’essenziale».

Ancora Mengoni... Lei ormai fa solo citazioni pop.

«Le citazioni nelle omelie le ho sempre fatte. Whitman, Dante... ma non vedo perché, se mi trovo davanti a dei giovani, non posso citare delle canzonette che mi permettono di essere capito meglio. Sono convinto che il vescovo debba utilizzare il registro comunicativo migliore per farsi comprendere da chi l’ascolta. Il problema non è l’omelia lunga o corta, ma la passione che uno ci mette e il linguaggio che usa. E allora ben vengano le canzonette».

Il Vangelo nudo e crudo non basta più?

«Quello non è mai bastato, anzi non è mai esistito. Il Gesù reale, che s’incontra nella Bibbia, altro non è che quanto la comunità cristiana delle orgini ha trasmesso della propria fede. L’umano dell’uomo è già dentro al Vangelo. Per questo, se io intercetto in un ateo o in un anticristiano un testo nel quale viene a galla la profondità dell’uomo, per me quelle parole saranno già Vangelo. Da cantare, perché no, anche in un’omelia».

Certo che il nuovo corso ‘estroverso’, avviato da Papa Francesco, l’aiuta.

«Non so se questo mio stile possa piacergli. Forse a qualcuno di chi gli sta vicino potrebbe non andare troppo a genio... Ma i ragazzi della Cresima lo apprezzano e io andrò avanti, almeno fin quando non mi diranno di smettere».

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