Pacem in terris

Il pastore Ribet accoglie il Papa nel tempio valdese: ‘Ora con lui il dialogo è più facile’

CORREVA il XII secolo quando il mercante francese Pietro Valdo decise di rompere con il suo passato. Abbandonò i propri  averi e si mise a predicare il Vangelo fra i più poveri. Il vescovo di Lione, Guichard, non la prese bene. Gli intimò di astenersi dall’insegnare le Scritture, perché allora solo i sacerdoti potevano leggere e spiegare la Bibbia ai fedeli. Valdo tenne il punto fino ad essere espulso dalla diocesi insieme con i suoi numerosi seguaci. Il resto sono secoli di persecuzioni, morti e feriti... Domani, lasciate alle spalle le violenze, sarà la cronaca a farsi storia: per la prima volta un Papa, quel Francesco venuto dalla fine del mondo, metterà piede in un tempio valdese. A dargli il benvenuto, a Torino, sarà il pastore Paolo Ribet, 66 anni.

Tra qualche ora lei accoglierà Bergoglio. Con che stato d’animo si prepara a vivere questo evento?
«Si tratta di un momento importante, per certi versi epocale. Dopo oltre ottocento anni dalla nascita del nostro movimento, varie scomuniche, un Papa entra in un tempio valdese. Certamente questo è il segno di un possibile cambiamento in una fase di stasi del movimento ecumenico. Sarà un incontro fraterno».
Prima il messaggio inedito del Pontefice alla Tavola valdese, il massimo organismo della vostra comunità, poi la visita al tempio: che cosa sta cambiando con Francesco nei rapporti fra voi e Roma?
«Il Papa è stato invitato da noi a farci visita e ha detto sì. Questo non può che farci piacere. Con lui c’è una volontà maggiore di riconoscersi reciprocamente. Purtroppo ancora la Chiesa cattolica, anche dopo il Concilio Vaticano II, non ci considera una Chiesa a tutti gli effetti. Questo incontro al tempio può essere davvero un passaggio importante per un cambio in tal senso. Speriamo...»
Come erano i rapporti con Benedetto XVI?
«Prima semplicemente non c’era niente o quasi... Ora diciamo che dialogare sembra più facile».
Bergoglio accelera sull’unità con gli ortodossi. La infastidisce?
«Se due si mettono d’accordo, e non è detto che questo riesca nel caso di ortodossia e cattolicesimo, io non è che mi senta sminuito. Spero solo che ciò non sia una manovra politica».
Anche il superamento della frattura con voi valdesi può essere a portata di mano?
«Francesco parla di unità nella diversità fra i cristiani, riprendendo così il pensiero del teologo luterano Oscar Cullmann. Riformati, ortodossi e cattolici esprimono tre modi di essere Chiesa. Non è possibile il ritorno di tutti a una sola confessione, né il prevalere di una sulle altre».
Che strada suggerisce, allora?
«Credo che sia da recuperare l’idea, maturata negli anni ’80 e ’90, di un’unità conciliare. Ossia di una sorta di un’unica Chiesa 'federale', con cattolici, protestanti e ortodossi che vivono la loro fede in Cristo e un organismo unitario di governo, un vero e proprio concilio ecumenico».

Giovanni Panettiere

Twitter: panettiereg25

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