Pacem in terris

Terremoto Curia, il monsignore gay che scuote il Sinodo

IL MONSIGNORE: <AMO QUEST'UOMO>. LA RIVELAZIONE SCUOTE IL SINODO

Articolo pubblicato sul Qn (il Giorno, la Nazione, il Resto del Carlino), edizione del  4 ottobre 2015

Giovanni Panettiere
ROMA

LA BOMBA mediatica esplode in mattinata durante la rassegna stampa. A pigiare il detonatore è un monsignore della Santa Sede. Gli obiettivi sono il Vaticano e il suo Sinodo sulla famiglia. Un fuoco amico dirompente: «Voglio che la Chiesa e la mia comunità sappiano chi sono: un sacerdote omosessuale, felice e orgoglioso della propria identità». Chi parla non è un prete qualsiasi, bensì monsignor Krzysztof Charamsa, 43 anni, polacco, ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede e segretario aggiunto della Commissione Teologica Internazionale Vaticana, oltre che docente alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum.  Mai prima d’ora un religioso, con un ruolo attivo in Vaticano, per giunta nel dicastero garante dell’ortodossia cattolica e che un tempo si chiamava sinistramente Sant’Uffizio, si era lanciato in una dichiarazione simile. «Sono pronto a pagarne le conseguenze – confida Charamsa –, ma è il momento che la Chiesa apra gli occhi di fronte ai gay credenti e capisca che la soluzione che propone loro, l’astinenza totale dalla vita d’amore, è disumana».

LA NOTIZIA del coming out del prelato di Curia fa il giro del mondo in una manciata di minuti. In Santa Sede è un terremoto che lascia attorno al teologo solo rovine: via gli incarichi in Congregazione per la Dottrina della Fede, niente più cattedre negli atenei pontifici, è la linea dura scelta dal Vaticano. Che rimanda al vescovo polacco della diocesi originaria di monsignor Charamsa il destino canonico del diretto interessato. La riduzione allo stato laicale appare quanto mai probabile.

«CERCHERÒ lavoro, mi piacerebbe diventare avvocato, se mi vorranno delle famiglie omosessuali». All’ora di pranzo il sacerdote la prende con filosofia davanti ai giornalisti da lui riuniti per una conferenza stampa in un ristorante della ‘dolce vita’ romana. Il sorriso è ampio, gli occhi chiari, a tratti velati dalla commozione, il clergyman impeccabile. Charamsa non è solo. Al suo fianco ecco un signore distinto, un catalano. Eduardo, il suo compagno, che il prete abbraccia e accarezza per la gioia dei fotografi. Poi si mette dietro al microfono e rilancia: «Amo Eduardo e dedico questo mio ‘coming out’ ai tantissimi sacerdoti omosessuali che non hanno la forza di uscire dall’armadio. Amo la Chiesa, ma è malata di omofobia paranoica ed esasperata». Per questo Charamsa lancia il suo «manifesto di liberazione», prima di promettere che invierà al Papa, lui che ha saputo solo dai giornali della confessione del polacco, una lettera in cui spiegherà tutto. «Francesco è fantastico – chiosa il monsignore –. Spero che il Sinodo sia davvero di tutte le famiglie e nessuna sia esclusa».Vedremo, ma di certo per l’assemblea dei vescovi, che si apre oggi, il coming out è uno scossone. Per Lombardi si tratta di «un’indebita pressione sul Sinodo». Eppure, mentre i giornali polacchi – l’episcopato del Paese è schierato su posizioni ultraconservatrici –, in testa la diffusissima Gazeta Wyborcza, attaccano a testa bassa Charamsa, in Italia l’ex sottosegretario della Conferenza episcopale italiana, monsignor Carlo Ghidelli, si smarca dalla Santa Sede. «Mi sarei comportato diversamente – spiega il vescovo emerito di Lanciano –. Non l’avrei rimosso, con i gay servono comprensione e pietà, non giudizio».

Twitter: panettiereg25

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