BURKINI sì o burkini no? E se la domanda fosse un’altra? Troppo facile vietare senza distinzioni ‘il costume di Allah’, anche in nome della volontà, sacrosanta, di difendere il corpo della donna. Più complesso è chiedersi: quante islamiche indossano il burkini per una loro precisa, non condizionata convinzione? Pensare che ci sia anche una sola ragazza desiderosa di andare a farsi un bagno senza mostrarsi agli altri ci fa credere che le ordinanze francesi siano dei colpi di sole ferragostani. Nel merito, violazioni belle e buone di un diritto umano come la libertà personale, per giunta comminate in primis contro donne musulmane, cittadine francesi a tutti gli effetti. E non serve gridare alla reciprocità, denunciando le restrizioni per i cristiani nei paesi arabi… Noi siamo uno Stato laico, di diritto e democratico, non una teocrazia. Questa è la nostra forza, la stessa che i tagliagole dell’Isis stanno cercando di piegare. Offrire loro degli assist sull’onda emotiva ha un solo nome: suicidio.

PECCATO che la Francia non lo capisca, nonostante continui a pagare un tributo di sangue altissimo al fondamentalismo islamico. A Parigi e dintorni sin dai tempi dell’Illuminismo tiene banco la crociata contro i simboli religiosi o presunti tali. Vedesi il caso del burkini che, alla luce di una serena esegesi storico-critica del Corano, non trova legittimazione alcuna nel testo sacro dell’islam. Questo afferma che uomini e donne devono vestirsi modestamente (33:59-60, 24:30-31; nella traduzione da Ali, 1988, 1126-1127). Ma non usa le parole velo, hijab, burka, chador o abaya. Parla di jilbab (mantello) e khumur (scialle) che non coprono il viso, le mani o i piedi. Da decenni studiose islamiche femministe, come la compianta Fatema Mernissi o l’imam afroamericana Amina Wadud, smascherano tradizioni culturali fatte assurgere ad arte a precetti religiosi dalle schiere estremiste.

CIÒ DETTO, meglio lasciare che sotto l’ombrellone le donne siano libere di sfoggiare il duepezzi, il costume intero, il topless, il burkini. Vedo o non vedo. L’importante che lo facciano in assoluta libertà. Altro è il discorso delle manifestazioni in luogo pubblico. Qui a prevalere non è il diritto soggettivo, ma l’interesse collettivo all’ordine pubblico. È questa la ratio della nostra Legge Reale (1975), approvata nel pieno degli Anni di piombo, che, ex art. 5, vieta caschi e quant’altro strumento che impedisca o renda difficile l’identificazione del volto. Discipliniamo pure la piazza, lasciamo libera la spiaggia in barba alla minaccia islamista. In riva al mare c’è spazio per tutti, tranne che per le marionette. Quelle lberiamole  prima che entrino in acqua.

Giovanni Panettiere

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