Lotta alla pedofilia, i vescovi dell’Emilia Romagna in campo: “In ogni diocesi un’equipe per le denunce”
I VESCOVI dell’Emilia Romagna alzano il tiro nella lotta alla pedofilia nella Chiesa. In ognuna delle quindici diocesi della regione ecclesiastica sarà creata una equipe, composta prevalentemente da professionisti laici, appositamente formati, che si occuperà della prevenzione degli abusi e dell’educazione necessaria ad arginare una piaga che mina la credibilità delle istituzioni ecclesiali. Nella loro sfera d’azione i delegati diocesani avranno anche la possibilità di acquisire eventuali segnalazioni di violenze ai danni di minori.
“Le competenze saranno dettagliate meglio nei prossimi mesi – chiarisce l’arcivescovo di Ravenna, Lorenzo Ghizzoni, referente della Conferenza episcopale italiana per la Pontificia commissione per la tutela dei minori –. Fin d’ora, però, possiamo dire che le equipe raccoglieranno anche denunce, chiamiamole così anche se queste in verità si presentano alle autorità civili, su casi sospetti di pedofilia perpetrati da preti, religiosi e laici impegnati nella pastorale”. Ma non solo da loro, “considerando che – precisa il presule – gli abusi sui minori nella Chiesa in Italia rappresentano appena il 3,5% del totale. Per questo siamo pronti a prendere in esame anche quanto succede nelle famiglie, nelle società sportive e in altri ambiti dove questo fenomeno purtroppo esiste, nonostante resti un po’ in secondo piano”.
Il modello di riferimento per i vescovi emiliano romagnoli, primi nel Paese a muoversi compatti e risoluti su un tema così scottante, è dato dalla diocesi di Bolzano che, a partire dal 2010, ha attivato uno sportello antipedofilia a disposizione delle vittime. In tempi più recenti anche la Chiesa di Bergamo si è mossa nella stessa direzione. “Da noi è ancora troppo presto per parlare di veri e propri sportelli – frena l’arcivescovo Ghizzoni –. In futuro non è detto che in alcune Curie non si possano avere degli uffici specifici aperti al pubblico, ma ora questo discorso è prematuro. Esaurito il loro periodo di formazione a Roma, che partirà durante quest’anno pastorale, cioé da ottobre, saranno indicati i contatti dei componenti delle singole equipe”.
Il giro di vite dei vescovi emiliano romagnoli è contenuto in una lettera ai fedeli della regione, scritta sulla scorta dell’inedita missiva al ‘popolo di Dio’ firmata da papa Francesco con la quale si chiede, a laici e chierici, una conversione personale e comunitaria nell’affrontare il dramma della pedofilia nella Chiesa. Ancor più alla luce di scandali recenti come quello del report stilato dalla Corte suprema della Pennsylvania (300 preti accusati di violenze su oltre un migliaio di bambini e ragazzini negli ultimi 70 anni).
“L’impegno a combattere gli abusi sui minori e sulle persone vulnerabili, sia di potere che sulla coscienza, che sessuali, da parte di chierici o di laici nella Chiesa, nella società e nelle famiglie, ci deve vedere uniti – scrive l’episcopato dell’Emilia Romagna –. Uniti nella preghiera e nella penitenza, perché le sofferenze delle vittime, che non si cancelleranno, siano condivise e non si ripetano. Perché il male non sia più nascosto, ma opportunamente denunciato”.
Insomma nelle intenzioni il cambio di marcia rispetto al passato è netto: il tempo degli infingimenti, del primato del buon nome della Chiesa sulla vicinanza alle vittime, viene messo decisamente alle spalle. Emblematico è come i presuli dell’Emilia Romagna sul nodo sofferto delle denunce (i vescovi sono padri dei loro preti) siano un passo avanti rispetto alle stesse linee guida della Cei, varate quattro anni fa. In quel testo si parla di un generico «dovere morale di contribuire al bene comune». Questo e nulla di più.
Giovanni Panettiere