Chiesa e mafia, fermare le processioni non serve
Una processione nel Sud Italia
NIENTE processioni da subito e chissà per quanto. In risposta all'inchino della statua della Madonna di fronte alla casa di un boss, il vescovo di Oppido Mamertina aveva preannunciato «provvedimenti energici» per punire un sacrilegio se possibile ancora più grave dopo la scomunica ai mafiosi, pronunciata dal papa proprio in Calabria. Tempo otto giorni dai fatti incriminati e monsignor Francesco Milito ha assunto una decisione clamorosa fra gli applausi delle istituzioni e di altri prelati. A cominciare da monsignor Salvatore Nunnari, presidente dell'episcopato calabrese., che, commentando a caldo la vicenda di Oppido e riferendosi a quei sacerdoti immobili davanti 'all'omaggio', disse: <Dovevano scappare>. Verissimo. I preti non sapevano nulla dell'inchino? Non hanno potuto o non hanno voluto sottrarsi allo scempio? Al momento Milito non ha fornito risposte agli interrogativi, né ha preso alcuna misura contro questi sacerdoti. Fino a quando? Sono innocenti? Un chiarimento sarebbe utile, se non indispensabile, anche e solo per dissolvere quell'alone di sospetto sulle presunte convergenze fra sacro e profano, tra l'acqua santa e il demonio.
NELL'ATTESA di ulteriori novità, resta quello stop alle processioni che non convince. Si ha come l'impressione di gettare alle ortiche il bambino insieme all'acqua sporca. Nel ginepraio di paura, omertà, collusione di una parte della Chiesa con la mafia il nodo da sciogliere non sta nel rito, ma nell'organizzazione dei cortei, in chi decide quando e dove far sostare la Vergine. Dice bene monsignor Luigi Renzo, vescovo di Mileto-Tropea: <La sospensione delle processioni non è la forma migliore per risolvere il problema. Non si può penalizzare il 90% della popolazione che vive questo momento religioso come un fatto significativo della propria vita>. Peccato che ad aprile lo stesso vescovo, a suo tempo successore di Milito come vicario generale dell'arcidiocesi di Rossano, abbia bloccato il corteo dell'Affruntata a Sant'Onofrio, un comune di 3mila abitanti nel Vibonese. Il motivo? I carabinieri avevano riscontrato una forte ingerenza della 'ndrangheta nella processione e avevano imposto che fossero gli uomini della Protezione civile a portare in spalla la Madonna. Un po' troppo per Renzo che, sentendosi bypassato dall'autorità secolari e lamentando il rischio di un tumulto da parte dei fedeli, decise di annullare la cerimonia. Non era mai successo nella storia di Sant'Onofrio e probabilmente si sarebbe potuta trovare una via d'uscita meno imbarazzante.
AL NETTO delle evidenti infiltrazioni della mafia in certe processioni, se si vogliono evitare inchini spregevoli e se si vuole mandare un segnale concreto e perdurante ai boss, allora bisogna agire sulle confraternità religiose. Sono loro le registe dei cortei. Sul punto la Chiesa non ha da inventarsi nulla. Esistono esprienze collaudate in giro per l'Italia meridionale, alla faccia di chi si ostina a raccontare la balla che nulla si muove nelle diocesi per risolvere i problemi di Cosa nostra. Vedesi Acireale, dove l'affiliazione alle confraternità è passata al setaccio, o la diocesi di Monreale in cui il vescovo Michele Pennisi ha decretato l'uscita dei mafiosi da questi sodalizi. Oppure si può seguire la via percorsa a Reggio Calabria. Qui un decreto dell'arcivescovo Francesco Morosini (17 febbraio 2014), quello che ha proposto la cancellazione per dieci anni del ruolo del padrino nei battesimi, disciplina le processioni: percorso concordato preventivamente con il parroco e poi autorizzato dalla Curia; niente raccolta di denaro durante lo svolgimento dell'itinerario; pause prestabilite e soprattutto <in tali circostanze la statua o l’effige del Patrono o della Patrona non sia rivolta verso case o edifici>. Certo, quelle elencate sono iniziative dal respiro lungo, meno sensazionali rispetto al blocco tout court dei cortei religiosi, ma agiscono in profondita. E senza inficiare la pietà popolare. Anzi, la rendono più autentica.
Giovanni Panettiere
Twitter: panettiereg