Cala il sipario sul Sinodo. Gay e divorziati, se l’opposizione arriva da sinistra
AVEVA ragione il cardinale dagli occhi azzurri e l'accento tedesco che, rientrando in Vaticano la notte prima della bufera nei circoli minori del Sinodo - con il documento intermedio, la Relatio post disceptationem, fortemente contestato dai vescovi -, in una piazza San Pietro finalmente sgombra, si diceva preoccupato: <La relazione è buona, potevamo andare ancora più avanti, ma ora sarà dura conservarla. Tutti i padri sinodali portano nel cuore la misericordia di Dio, più difficile è riuscirla a evidenziare negli scritti della Chiesa>.
EVIDENTEMENTE sapeva che la controffensiva del fronte conservatore, incoraggiata da una certa stampa amica, abile nel descrivere l'assemblea dei vescovi a un passo dallo scisma dopo le aperture della Relatio post disceptationem, si sarebbe fatta largamente sentire nel documento finale, la Relatio Synodi, approvato ieri. Non tanto e non solo con l'attenuazione, più che prevedibile, delle spinte in avanti su gay e Comunione ai divorziati, volute dai novatores, quanto con lo stravolgimento dell'architettura stessa del primo testo: nella relazione conclusiva non c'è più traccia del metodo induttivo, che dalla vita concreta dei fedeli muove alla dottrina, salta il principio della gradualità, confinata alle sole relazioni in vista delle nozze cristiane l'analogia fra matrimonio ed ecclesiologia che attingeva dal passaggio del Vaticano II in cui, pur richiamandosi la centralità della Chiesa cattolica, si rintracciano <elementi validi> anche fuori da essa. Lo stesso discernimento pastorale, largamente evocato nel documento intermedio, finisce mitigato dal ritorno martellante della parola 'verità' e da una digressione, a tratti posticcia, sul magistero pontificio in tema di famiglia.
SI POTREBBE allora pensare che siamo davanti a un documento del tutto diverso e non a una Relatio post disceptationem fortemente rivisitata e integrata alla luce del dibattito aspro nei circoli minori. Si potrebbe, ma non è così, sempre che non si voglia alimentare una lettura superficiale e partigiana del Sinodo e dei suoi documenti. La Relatio Synodi mantiene l'invito a compiere <scelte coraggiose> nella pastorale su separati, divorziati e risposati, riafferma il rispetto della dignità di gay e lesbiche così come dei coniugi nella scelta dei metodi di regolazione delle nascite, continua a fare a meno del riferimento alla legge naturale, vero cavallo di battaglia della Chiesa ratzingeriana, a scorgere <elementi positivi> nei matrimoni civili e, <fatte le debite differenze, nelle convivenze>. In generale, concentra l'attenzione sulle persone più che sulle loro condotte. Si sfumano i toni, si cambia l'ossatura, ma lo spirito innovativo di fondo si conserva identico.
RESTANO, e non è poco, le divisioni fra i vescovi sull'accesso ai sacramenti per i risposati e sull'accoglienza agli omosessuali. Su entrambi i punti il documento finale offre una fotografia più fedele del confronto in aula e nei gruppi ristretti, dopo una prima versione ingenuamente troppo schiacciata sui desiderata dei progressisti. Questo anche se per la verità lo stralcio completo di ogni riferimento alle coppie gay e lesbiche racconta di una Caporetto dell'avanguardia liberal sotto il ricatto massiccio della destra cattolica.
NON è un caso che proprio su questi due punti, percorso penitenziale per i risposati e omosessuali, come su un terzo, dedicato, invece, alla comunione spirituale per chi si risposa, la relatio non abbia incassato il placet della maggioranza canonica dei due terzi. Si è scritto e si è detto che ciò si deve al voto contrario dei conservatori. Possibile. Ma, guardando alla prudenza del dettato dei paragrafi in esame, è più facile pensare a un'opposizione da sinistra, specie sull'omosessualità, dove a essere contestati sono stati un estratto dal Catechismo della Chiesa cattolica e un altro da un documento firmato dall'allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Joseph Ratzinger. I volti contriti e le mezze parole dei vescovi e cardinali progressisti prima e dopo il voto ne sono una prova ulteriore.
Giovanni Panettiere
panettiereg
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