Parrocchie aperte, i dubbi dei vescovi: difficile integrare i musulmani
PARROCCHIE APERTE, I DUBBI DEI VESCOVI: DIFFICILE INTEGRARE I MUSULMANI
Articolo pubblicato sul Qn (il Giorno, la Nazione, il Resto del Carlino), edizione del 9 settembre 2015
Giovanni Panettiere
ROMA
C’E’ UNA CHIESA, che accoglie con entusiasmo l’appello del Papa, affinché i migranti siano ospitati nelle parrocchie, e un’altra che fa suo l’invito, ma nicchiando, senza scaldarsi troppo. Anzi, alle volte, lasciando trasparire, fra le righe e non, più di un mugugno sulla messa in pratica dei desiderata del vescovo di Roma. Sullo sfondo il rischio di un’islamizzazione dell’Europa, trainata dalle migliaia di profughi in marcia tra Budapest e Vienna, e i timori per la sicurezza nelle nostre città. «Valuteremo realisticamente la portata di questo atto di carità», mette nero su bianco l’arcidiocesi di Ferrara, governata da monsignor Luigi Negri, ciellino doc. Un po’ poco... «Non è un’affermazione di giudizio sull'appello di Francesco – replica l’arcivescovo –. Dobbiamo considerare come Chiesa locale i modi e le forme per darne attuazione, perché le difficoltà economiche ci sono. Il Papa, non lo sa, ma noi qui abbiamo avuto il terremoto...». E che cosa si risponde a chi dice che con questa sortita Bergoglio favorisce l’islamizzazione dell’Europa? «Non è un problema quantitativo, ma qualitativo dell’immigrazione – argomenta Negri –. Il Vecchio Continente non ha gli strumenti culturali per confrontarsi con una certa umanità che dimostra di non avere alcuna voglia di dialogare con noi».
LO SPETTRO della difficoltà d’integrazione dei musulmani si aggira per le canoniche dell’Emilia Romagna dai tempi in cui ‘la buona anima’ dell’allora arcivescovo di Bologna, Giacomo Biffi, consigliò alle autorità italiane di privilegiare immigrati dalla sana e robusta costituzione cristiana. Oggi sulla cattedra di san Petronio siede il cardinale Carlo Caffarra. Lui non parla, ma lascia campo aperto al vicario generale, monsignor Giovanni Silvagni, che sulla collocazione dei profughi prende tempo: «Ci stiamo organizzando per dare una risposta all’appello del Papa. Cerchiamo di capire in che modo possono essere sollecitate le parrocchie. Credo che, quando Bergoglio parla di parrocchie, non intenda la casa del parroco, ma la comunità cristiana, e quindi il discorso coinvolge anche le famiglie». Pertanto? «Valuteremo che cosa chiedere, in base alle esigenze e alle disponibilità». Più esplicito monsignor Enrico Solmi, vescovo di Parma, che, se, da un lato, ricorda come «già da tempo la diocesi si sia impegnata tramite la Caritas ad accogliere le persone in difficoltà», dall’altra, precisa che «l’appello partito dal Papa è fondamentale, ma l’accoglienza deve basarsi anche sul rispetto delle regole». Dall’arcidiocesi di Genova arriva, invece, il diktat ai preti a evitare iniziative personali con i profughi. «Bisogna attendere le direttive della prefettura», precisa la Curia del numero uno della Cei, Angelo Bagnasco. Non una Chiesa qualsiasi...
IN VATICANO chi parla è il cardinale Velasio De Paolis, presidente emerito della Prefettura degli affari economici della Santa Sede, che commenta a metà strada l’appello di Bergoglio. «Si tratta di una proposta ardita – scandisce – che può scuotere l’Europa un po’ bloccata sul dramma dei migranti». Tuttavia, «non sono così ingenuo da pensare che ospitando queste persone nelle parrocchie si possa risolvere tutto». Anche perché quella del Papa «è una proposta difficile da realizzare. A chi dare alloggio? Che cosa significa accogliere?». Per il momento ci sono solo i punti interrogativi...
Giovanni Panettiere
Twitter: panettiereg25
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