Pacem in terris

Il cardinale De Paolis e i divorziati risposati: ‘Non ci sono solo loro, pensiamo anche ai sani’

IL CARDINALE FRENA LA RIVOLUZIONE: <LA CHIESA DEVE PENSARE AI SANI>

Articolo pubblicato sul Qn (il Giorno, la Nazione, il Resto del Carlino), edizione del 4 ottobre 2015

Giovanni Panettiere
ROMA
«VA BENE la Chiesa ospedale da campo, d’accordo sul curare le ferite, ma non ci sono solo i divorziati risposati... Pensiamo anche ai sani, non soltanto agli ammalati».
La voce bassa stempera appena il nervosismo che traspare dalle parole del cardinale Velasio De Paolis. Alla vigilia del secondo Sinodo sulla famiglia, il presidente emerito della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, tra gli autori l’anno scorso di un volume contro la comunione agli ‘irregolari’, è stufo «dell’attenzione mediatica eccessiva» data a una questione che continua a dividere vescovi e porporati. E non lo manda certo a dire.
Volente o nolente, quello dei divorziati risposati resta fra i temi più sentiti dalla base cattolica.
«Il Sinodo si sta occupando molto di questo problema e francamente non so che cosa possa fare di più. Come Chiesa siamo chiamati a dare un’attenzione specifica ai problemi familiari del nostro tempo, ma mi auguro che in assemblea si tratti anche e soprattutto della famiglia cristiana, dei suoi valori fondativi, a partire dall’indissolubilità del matrimonio».
Ritiene, come il cardinale Sarah, che dare l’ostia ai divorziati risposati violi il Vangelo?
«Quello che penso è che vada salvaguardata la dottrina della Chiesa, plurisecolare e ribadita dal magistero di Giovanni Paolo II. Papa Francesco afferma che questa non è in pericolo e io non posso che stare tranquillo».
Al Sinodo quindi non ci sarà nessuna apertura?
«Non lo so, io guardo al Catechismo che è chiarissimo sul punto. Insegna che per ricevere la comunione occorre essere in grazia di Dio. Per la Chiesa la sessualità è ammessa solo nel matrimonio, mentre i divorziati risposati la vivono fuori. Questo, non altro, è il motivo per cui non possono ricevere l’ostia. Le nozze civili non sono un matrimonio, lo sono per lo Stato, ma non per noi».
E la misericordia dove la mettiamo?
«Il divieto di ricevere la comunione non colpisce solo chi rompe il vincolo delle nozze. Non è una norma ad hoc. Inoltre, va chiarito, una volta di più, che i divorziati risposati non sono scomunicati. Possono andare a messa, seguire la Parola di Dio, svolgere servizio di carità. Non sono esclusi dalla vita ecclesiale. Possono anche essere perdonati, a patto che si pentano e si impegnino a superare la loro condizione di peccato. Come deve fare qualsiasi cattolico che vada in chiesa a confessarsi da un sacerdote».
Mettiamo che il Papa, dopo il Sinodo, permetta a queste persone di accostarsi all’eucarestia: a quel punto lei che cosa fa?
«Se cambierà la norma, prenderò atto della situazione. Vorrà dire che il Pontefice avrà dimostrato che una simile riforma non pregiudica la dottrina. D'altronde, io non sono certo più importante del Papa».
Nel frattempo un monsignore di Curia romana fa coming out, annunciando di essere omosessuale e di avere un compagno
«Un’altra tegola per il Sinodo, ma non esasperiamo la situazione... Sono casi che purtroppo possono verificarsi».

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