IL SINDACO sta conquistando la Turchia. Non vince soltanto Giovanni Guidetti, nella Istanbul dove da quest’anno lavora anche Massimo Barbolini. Il terzo tecnico modenese in realtà è la vera rivelazione: Fabio Soli non è soltanto l’ultimo alzatore capace di vincere in campo un trofeo con la maglia di Modena, la Challenge cup del 2008, e di scatenare il coro ‘Soli sindaco’ quando viene al PalaPanini. E’ anche l’allenatore che ha sorpreso nel campionato turco maschile. L’ex gialloblù, a soli 33 anni, ha trascinando il Fenerbahce pieno di vecchie conoscenze italiane (Cernic, Marshall, Miljkovic, Bjelica)  a una rimonta clamorosa, dieci vittorie su tredici partite, rimonta sfumata in parte solo nell’ultima partita di regular season che ha portato al sesto posto finale e al derby nei playoff contro i cugini del Galatasaray.

Si vede che l’aria di Istanbul fa bene ai modenesi. Di sicuro, la storia di Soli è bella quanto sorprendente: partito per fare il secondo di Daniele Bagnoli, quando il club ha chiuso il rapporto con il tecnico mantovano lui si è ritrovato promosso per assenza temporanea di alternative, e ha saputo sfruttare al massimo l’occasione. Senza per questo perdere la sua incredibile umiltà: “I giocatori mi dicono che non sono il capo allenatore: sono l’unico. Un vice non è mai arrivato, il carico di lavoro è davvero alto, ma io cerco di vivere ogni singolo allenamento come se fosse l’ultimo, ogni gara come se fosse una finale. Voglio uscirne a testa alta senza rimpianti, è questo lo spirito che cerco di trasmettere ai ragazzi. Con loro ho un rapporto diretto, ho cambiato poco e cerco di sviluppare un gioco solido nella sua semplicità. Come diceva credo Adriano Guidetti, la fantasia la mettiamo poi domani nel tema”.

Soli, non sarà troppo severo con se stesso?

“Sono onesto, pago l’inesperienza, metto sul piatto entusiasmo, passione e voglia di imparare, spesso non basta e allora mi chiedo dove ho sbagliato o dove posso fare di più. Non sono mai contento perché credo di poter fare meglio, sono tutte cose che fanno parte di me da sempre. Non sono un fenomeno perciò devo lavorare di più e meglio, ma credo di avere una buona competenza datami da anni di pallavolo giocata e dal mio percorso di studi all’Isef”.

Ha smesso presto, di giocare.

“Diventare un allenatore era il lavoro che sognavo di fare e durante gli anni da giocatore ho cercato di formarmi, almeno teoricamente, per essere pronto ad intraprendere questa strada. Devo dire, al di là dell’aspetto tecnico, che non parlare turco è un handicap enorme, sto cercando di prendere lezioni perché l’inglese non è sufficiente per avere un dialogo proficuo con i giocatori turchi. Solo ora capisco quanto sia vero il detto parli turco”.

In realtà con molti può usare l’italiano.

“Con Cernic quasi modenese, parliamo spesso di quanto si veda la mano di Lorenzetti nei risultati di Casa Modena. Però posso schierare solo tre stranieri in campo contro le grandi, due più uno in panchina contro le altre. Quindi Matej e Bjelica finiscono per allenarsi soltanto e per andare spesso in tribuna, giocano sempre Marshall e Miljkovic, a volte l’alzatore Depestele. Gli altri sono giocatori turchi”.

Come si trova a Istanbul?

“La città è enorme, meravigliosa, mette a disposizione opportunità di ogni tipo ed io mi trovo benissimo. Il movimento pallavolistico sta crescendo, ci sono club con buoni budget capaci di costruire sestetti competitivi come Izmir, Halkbank, Galatasaray e Maliye. Ci sono buoni stranieri e forse dalla prossima stagione permetteranno di schierarne sempre tre”.

L’avrebbe mai detto di diventare capo allenatore così presto?

“No, non posso che ringraziare Daniele Bagnoli, è una persona di valore, con solidi principi e mai disposto a compromessi. Si è speso in prima persona chiedendo alla società di mantenere gli impegni presi. Se sono qui è sicuramente per buona parte merito suo, oltre che di Bruno Da Re e del Professor Prandi che mi hanno dato la possibilità di muovere i primi passi in veste di assistente”.

E la famiglia?

“Mia moglie Elena mi manca molto, abbiamo deciso di non farla venire qui quest’anno perché questo è un mestiere troppo incerto, lei mi raggiunge quando può ma non è sufficiente. In futuro spero di potermi permettere di averla con me com’è giusto che sia”.