Terrò un profilo basso, perché su Oreste Vacondio potrei scrivere cose che lo metterebbero in imbarazzo, ma lui ne sa altrettante sul sottoscritto e quindi ci rimetteremmo in due.

Però volevo scrivere questo post già prima della vittoria che Monza ha centrato a Molfetta qualche minuto fa, su un campo difficile anche per le grandi. Gli ultimi tre punti presi dalla squadra lombarda mi hanno convinto a rompere gli indugi. Perché per me ‘Orri‘ sta facendo un miracolo, con i giocatori che ha.

Allora, per chi non conoscesse il passato dell’attuale capo allenatore di Monza, sappia che è stato un discreto giocatore di serie A ai tempi in cui Sassuolo, la squadra della mia città e del mio cuore, si affacciava ai massimi livelli prima con il nome di San Giorgio. Che è quello di un oratorio storico, a Sassuolo, dove tutti quelli che come me hanno più di quarant’anni sono passati almeno una volta, per giocare o per vedere i film dei superereoi al cinema parrocchiale Splendor o le prime edizioni del Festival dello studente, da dove qualche anno dopo sarebbe partito Nek. Ma non divaghiamo.

Torniamo al volley. La San Giorgio acquista il titolo sportivo dalla reggiana La Torre, arriva in serie A, diventa Edilcuoghi e il livello comincia a stare un po’ stretto al Vacondio giocatore, molto tecnico ma non un gigante, e che pure con il fratello Luigi era stato uno dei promotori della scalata. Mentre l’Edilcuoghi arriva a vincere una Coppa Italia nel 1981, Oreste finisce la sua carriera e diventa allenatore. Ha una chance a Belluno, il presidente è quel Paniz che poi sarebbe diventato onorevole e famoso per altre storie (vedi alla voce caso Ruby), Oreste non va benissimo e praticamente la sua avventura vera in serie A si chiude lì. Tornerà in A2 a Sassuolo per una stagione, dopo che il fratello Gigi aveva ripreso in mano la società diventata Virtus per evitare che fosse venduta alla Santàl e ne diventasse una succursale (si sarebbe chiamata Pomì). Poi resterà in B1 dove per anni guiderà un bel gruppo di ragazzi che, se Sassuolo fosse rimasta in A1, avrebbe forse fatto un’altra carriera (uno dei miei rimpianti è sempre stato Paolo Pisqui Riccò, poteva essere un alzatore di livello assoluto).

Nella Virtus di A2 giocava Guido Betti, che poi andò alla Panini ed era un mio compagno di classe al liceo. Oreste non lo faceva giocare sempre, e io mi incazzavo.

Quella di B1 fu la prima squadra che mi fecero seguire per il Carlino. Me ne occupai per diversi anni, quindi capirete perché ad Oreste mi lega un affetto diverso, rispetto a tanti altri allenatori. Perché conosco appunto anche il lato…oscuro della sua forza, ma mi ha insegnato tante cose, di questo sport. E lo ama e lo conosce come pochi al mondo.

Quindi mi limiterò a raccontarvi di quella volta che, visto che i giocatori non lo ascoltavano, si mise a fare i timeout in spagnolo (è nato a Buenos Aires) per attirare la loro attenzione.

Di quella volta che fece sedere a terra i ricettori della sua squadra per protesta contro un arbitro che aveva fischiato troppi falli in ricezione.

Di quella volta che chiuse un mio collega, anni prima che ci conoscessimo, nel bagagliaio del pullmann durante una trasferta. Della sua mano felicissima nel disegno, e infatti lo coinvolsi come vignettista in un progetto editoriale che durò poco, ma fu bellissimo, alla fine del 1991 (si chiamava ‘Il Modenese sportivo’).

Di quella volta che in Grecia, durante un’immersione…no, qui mi fermo.

Aggiungo solo una cosa: Oreste Vacondio ha fatto, come tutti, tanti errori nella sua vita sportiva. Errori che ne hanno ritardato l’arrivo in A1. Ma il tempo è galantuomo.

Per me si merita tutto quello che sta raccogliendo.