Aspettando l’inedita finale scudetto tra la Dhl Modena e Perugia, stavo notando qualche coincidenza sospetta.

Che Lorenzo Bernardi ha appena vinto lo scudetto in Turchia con l’Halkbank Ankara.

Che Fefè De Giorgi ha appena fatto la stessa cosa con il Zaksa Kędzierzyn-Koźle in Polonia, dove da anni Andrea Anastasi è uno degli allenatori più importanti (adesso nel Sopot) e dove Andrea Gardini sta costruendo la sua strada sulla panchina dell’Olsztyn.

Che Andrea Giani quest’anno ha vinto la Challenge Cup con Verona, primo titolo nella storia della società veneta.

Che Paolo Tofoli è appena passato dal Tuscania, portato a livelli altissimi in A2, al Siena che l’anno prossimo punterà alla Superlega e forse la raggiungerà già in estate, se sono vere le voci sul possibile ripescaggio dei toscani.

Che Luca Cantagalli, sempre in A2, ha portato la sua Reggio Emilia a sfiorare il sogno della finale promozione, facendo lievitare il livello di una squadra sulla carta meno attrezzata delle rivali.

Che Marco Bracci ha già cresciuto giovani interessanti e vincenti nella sua Santa Croce, dove ora allena in B1 gli eredi dei Lupi.

Che in B1 allena anche Marco Martinelli, a Ferrara, dove è ancora in corsa per i playoff promozione.

Che il volley scorre comunque ancora nelle vene di Andrea Lucchetta, commentatore della Rai, e di Andrea Zorzi, che oltre ad essere sempre originale nelle sue incursioni su Sky, porta in giro uno spettacolo bellissimo nei teatri, sul volley ovviamente, dove è stato coinvolto anche Roberto Masciarelli, il primo ad aver vinto la Champions League con la Lube.

Che queste dodici persone sono state le prime a portare l’Italia sul tetto del mondo, nel 1990. E che se io fossi Julio Velasco, l’uomo che ha cambiato la storia del nostro volley con questi ragazzi in campo, sarei quasi più orgoglioso di questa eredità che non delle medaglie.