Lo ammetto, in certe cose sono un po’ all’antica. Mi emozionano ancora le storie di chi colpiva la mia fantasia quando ero ragazzo. Come quella di Julio Velasco, che poi ho avuto la fortuna di conoscere di persona, e ogni volta che ho occasione di parlare con lui finisce che dopo mi sento un po’ migliore di prima, non dico più intelligente, ma un po’ più colto sì (e questo vuole essere un complimento, Julio).

Per questo mi sono divorato l’intervista che Velasco, che sta facendo una cosa grandissima con l’Argentina alle Olimpiadi, ha rilasciato a Mariano Verrina del ‘Clarìn’, potete leggerla per intero qui.

Ad incuriosirmi più del solito era stato il titolo efficace. Perché essendo Julio una persona capace di farsi sempre un’idea propria, non solo sul volley, sapere che temeva ‘più twitter della partita’ mi ha fatto venire voglia di leggerla. E infatti, ci sono alcune piccole perle.

La prima, sull’effetto psicologico da gestire dopo una vittoria importantissima come quella che gli argentini hanno ottenuto nel girone contro la Russia campione in carica: “E’ sempre difficile gestire un’impresa (…) E grazie a Twitter e a Facebook i giocatori hanno ricevuto qualcosa come 300 messaggi al giorno. Ho detto loro di stare attenti, perché poi uno non se ne accorge e passa tutto il giorno dopo una partita pensando a quella già finita, perché devi rispondere a email, whatsapp, twitter… (…). E’ pericoloso, oggi mi preoccupa più twitter della partita. Bisogna tenere la testa sveglia, perché il torneo va avanti”.

La seconda, in risposta alla domanda sui consigli che avrebbe dato ai giocatori per affrontare i fischi del pubblico brasiliano e l’euforia di quello argentino, è un’ammissione di una fragilità umanissima che però è sorprendente per chi conosce bene Julio: “I giocatori ormai hanno la pelle dura, sono più abituati di me. La verità è che qui quello che si emoziona sono io, perché sono stato via tanti anni e non sono abituato a giocare per la bandiera argentina (…) credo che l’ultima volta fu nel 1982. Devo concentrarmi perché mi emoziono molto. Non va bene, mi sforzo per isolarmi completamente, un tecnico deve rimanere razionale durante la partita. I ragazzi sono più bravi, per loro mi preoccupa di più quello che succede tra una partita e l’altra”.

Infine, il cavallo che paga sei: ‘nei quarti serve un’altra sorpresa, un batacazo.  Noi siamo il cavallo che paga sei volte la posta’. Che, per chi sa come funzionano le scommesse, è qualcosa di veramente grande. ‘Però nessuno ti toglie il sogno’, aggiunge Julio.