Un passo avanti e due indietro. Più o meno quattro anni fa su questo blog mi capitò di scrivere, qui, che forse la battaglia culturale il volley la stava vincendo, per quanto riguarda l’Iran. Quello che è successo venerdì a Pesaro ovviamente mi fa dubitare molto, di quella mia convinzione.

Per chi non lo sapesse: come capita ormai da anni, quando l’Iran gioca in trasferta, almeno nei palazzetti della pallavolo, c’è sempre qualche attivista che espone striscioni o indossa magliette con la richiesta di lasciare libere le donne iraniane. Libere di assistere alle partite di pallavolo, che almeno nel paese persiano è qualcosa di vietato, alle donne. Ci fu anche un caso clamoroso, quello di Goncheh Ghavami, di cui parlarono in tanti, io lo feci qui.

Bene, anche venerdì c’erano le attiviste iraniane, e quello che è successo lo potete vedere qui nel video realizzato da Luca Muzzioli per Volleyball.it.

Ieri, due giorni dopo, la Fipav ha precisato che l’allontanamento della tifosa con la forza è stato disposto dalla Fivb, la federazione mondiale. La stessa Fipav ha detto quello che pensiamo tutti: che se l’Iran vuole giocare con il resto del mondo, non può pretendere di limitare la libertà d’espressione. Estendo io il ragionamento: non può esportare le sue leggi anche su un territorio straniero, decidere come fare comportare le forze dell’ordine in uno stato di diritto altrui.

Ha ragione l’allenatore Emanuele Zanini, quando scrive su twitter che “Si evince che “il T.M. Iraniano ed il Supervisor FIVB hanno prevaricato le leggi vigenti nel nostro Paese” (Costituzione..art.2 e art13).

Va bene tutto, cioè non va bene, ma con uno sforzo di logica che non tenga conto dell’umanità si può anche pensare, per puro amore di ragionamento, che l’Iran possa fare quello che vuole, con le sue leggi.

Ma a casa sua, appunto. Comandare a casa nostra, no. Non può essere concesso.