Prima l’informazione, poi l’opinione (post lungo, vi avverto).

Oggi pomeriggio si è concluso il caso dello Shoesgate, lo scandalo delle scarpe. Il ct Gianlorenzo Blengini ha ufficializzato la decisione di andare avanti verso l’Europeo di fine agosto in Polonia con il gruppo che ha a disposizione, e di aver preso atto di non poter più inserire Ivan Zaytsev nel gruppo, come spiega  qui. All’origine di tutto c’è la storia delle scarpe: Zaytsev (che sulla vicenda non ha parlato, secondo me sbagliando) vorrebbe  indossare le Adidas, con cui si trova bene, e non le Mizuno, fornitore ufficiale della nazionale. Io non ho le competenze specifiche per dire se davvero sia impossibile, come pare dalle cronache delle ultime settimane, arrivare ad avere la stessa prestazione (e le scarpe sono sicuramente fondamentali, per un pallavolista) indossando una marca diversa.

Però un ex pallavolista, Riccardo Fenili, che conosce bene il problema due volte perché di mestiere fa il podologo, ha scritto su Facebook un post interessantissimo che potete leggere qui , che mi sembra escludere la parte ‘medica’ come motivazione imprescindibile. Sempre fermandomi ai fatti, a Rio l’Italia è arrivata seconda con le Asics, con cui Zaytsev ha giocato benissimo.

Altri fatti: il contratto di Zaytsev con l’Adidas è di gennaio, il nuovo consiglio federale è stato eletto in febbraio e ad aprile ha deliberato di inserire anche le scarpe nella divisa obbligatoria, fornita dallo sponsor tecnico che con la Fipav stipula un contratto di natura commerciale, esattamente come quello che lega Zaytsev all’Adidas e ad altri sponsor (un altro fronte si sta aprendo nel campionato di Superlega con gli accessori tipo polsini e quei manicotti con marchi che alcuni giocatori indossano, tra cui lo stesso Zaytsev).

Vista con occhi maliziosi, la sequenza temporale è sospetta, ma è anche vero che prima di entrare in carica, Cattaneo e il consiglio non potevano deliberare. Mi sfugge il motivo per cui, visto che in passato c’erano già stati casi simili risolti con pezzi di nastro adesivo a coprire i loghi, si sia deciso di includere le scarpe nel pacchetto solo adesso, e non già anni fa.

Altro fatto: il basket, che però è sport professionistico, non ha questo problema. In nazionale ognuno gioca con la scarpa che vuole. E’ inevitabile che questa sia la direzione, anche per il volley.

Ma tutto questo è abbastanza noioso, credo, e soprattutto non esiste un modo sensato per far capire alla gente perché l’Italia debba andare all’Europeo senza il suo giocatore migliore non per un infortunio, non perché l’allenatore non lo vede, ma solo per un casino come questo, nel quale l’unica logica agli occhi dei più sembra essere quella del rispetto dei contratti e dei soldi che portano, nelle tasche dell’uno e dell’altro.

A proposito: non parteciperò al gioco molto in voga sui social di dipingere Ivan come un giocatore interessato soltanto al denaro. Intanto, perché la maggior parte di quelli che fanno i moralisti non ci si sono mai trovati, nella situazione di ricevere proposte economiche per indossare un marchio piuttosto che un altro. Quindi non possono dire come si comporterebbero al suo posto. Secondo, perché sono convinto che in tutta questa storia lui stia anche soffrendo. E che in fondo, se davvero gli interessasse soprattutto la sua immagine, in questa vicenda chi ci rimette di più è lui.

 

E ora qualche opinione.

La prima: credo che Ivan stia aprendo un fronte. Ed essendo il primo, è al momento un incompreso. Ma che sia necessario mettere mano a regole che al momento sono variabili, mi sembra chiarissimo dopo questo pasticciaccio.

La seconda: è fuori discussione che quelle regole, Ivan le deve rispettare. ‘My life, my rules’, mi sembra che dica uno dei tatuaggi dello zar, non si può applicare sempre, nella vita. Credere che sia possibile scriversi le regole sarebbe infantile. A maggior ragione se fai uno sport di squadra, dove nessun singolo è un’isola. Su un’isola deserta si possono decidere le proprie leggi. Ma su un’isola deserta, Zaytsev non sarebbe l’idolo che è. E allora deve accettare il compromesso con l’ambiente che gli sta permettendo di avere fama e ricchezza.

Altro commento che sento, e che mi sembra senza fondamento: non ha senso privarsi del giocatore più forte. Chi ragiona così pensa solo al risultato, ma il fine non giustifica sempre i mezzi, per la maggior parte degli sportivi. Che sia Zaytsev o l’ultimo degli sparring partner, senza rispetto delle regole, è il concetto stesso di squadra che crolla. Se è giusto farlo, è giusto farlo sia con il campione che con il brocco, anche se escludere il campione probabilmente ti farà perdere.

E qui arriviamo a Blengini, che va incontro ad un Europeo molto più rischioso, senza lo Zar, ovunque lo volesse far giocare (da tempo io penso che debba fare lo schiacciatore ricevitore, ma i fatti mi stanno dando torto, gioca meglio da opposto). Il ct esce da questa vicenda come un gigante in mezzo ai nani, perché ha fatto quello che il suo ruolo gli richiede: ha scelto. Non ha senso che sia lui a parlare di scarpe e contratti, ma una volta capito che sarebbe stato peggio restare nel limbo o avere un giocatore non al cento per cento nel gruppo, ha scelto di farne a meno, di andare in Polonia con una squadra forse meno forte, ma nella quale può lavorare almeno un mese con certezze.

Prevedo fischi e contestazioni, se l’Italia steccherà l’Europeo. Ma per me Blengini è quello che più di tutti fa la figura dell’adulto, in questa storia.