Un solco, una ferita nel marciapiede. Il rumore assordante del trapano, la polvere che si alza in una nuvola. Porfido che viene spezzato per lasciar spazio alla storia, alla commozione, a quelle luminose e bellissime pietre d’inciampo che per sempre, d’ora in poi, racconteranno le vite dei dieci ebrei reggiani deportati ad Auschwitz.  I loro nomi ora sono indelebili, cementati davanti a quelle che furono le loro ultime case: viale Montegrappavia Emilia San Pietrovia Monzermone. Un percorso ideale, dentro la città vecchia, per arrivare davanti alle ultime porte che li hanno visti entrare come donne e uomini liberi. Lì, ora, chiunque voglia passare dovrà per forza inciampare in quelle identità, esistenze spezzate, volti dei nostri nonni. «Il nazismo voleva spazzarli via, adesso invece hanno trovato il loro posto nel mondo, per sempre. Una nuova vita», ha detto il sindaco Luca Vecchi, durante la cerimonia.

pietre d'inciampo

Un gesto concreto, dal fortissimo valore simbolico, quello che ha accompagnato il 9 gennaio decine di studenti della provincia, durante la posa di quelle piccole opere d’arte urbane create dall’artista tedesco Gunter Demnig, parte di un museo diffuso sparso in mezza Europa per ricordare le vittime del nazismo nell’ultimo luogo in cui hanno vissuto libere. Ce ne sono quasi 50mila nel vecchio continente. Tutte uguali, di cemento e ottone. E lui, il creativo dal grande cappello, le ha forgiate una ad una negli ultimi vent’anni e ne cura personalmente la posa. C’era anche ieri. «È importante per i ragazzi, perché abbiano coscienza, perché non accada di nuovo», sussurrava durante l’iniziativa. E a Reggio, grazie a Istoreco, ora è realtà: quelle pietre si trovano di fronte alle abitazioni dei dieci ebrei catturati fra il 1943 e il 1944 e deportati a Auschwitz/Birkenau, dove trovarono la morte.

Beatrice Ravà e le figlie Iole e Ilma Rietti

Ada, Olga e Bice Corinaldi, Benedetto Melli, Lina Jacchia, Oreste Sinigalia, Beatrice Ravà, Iole e Ilma Rietti e Lucia Finzi. Nomi che risuonavano nelle voci dei ragazzi che hanno ripercorso i loro ultimi passi, per poi specchiarsi negli occhi lucidi del rabbino capo della comunità ebraica di Modena e Reggio, Beniamino Goldstein. «Il futuro non si cancella, è questo il motto dei nostri viaggi della Memoria, ripeteva convinto Matthias Durchfeld di Istoreco. «L’installazione oggi a Reggio delle pietre d’inciampo giunge in un momento drammatico per l’Europa tutta e dunque anche per la nostra città, giorni che ci riportano indietro di decenni e che quindi rendono ancor più attuale questo lavoro – ha concluso il sindaco –. Gli eventi di cronaca di queste ore rendono altresì concreta e tutt’altro che retorica la considerazione a proposito del fatto che certe conquiste non sono mai acquisite una volta per tutte, ma devono essere rinverdite e riempite di significato giorno dopo giorno, nel nostro quotidiano».

Un applauso. E quei garofani bianchi che i ragazzi stringevano fra le dita, uno a uno, sono stati poggiati di fianco a quelle pietre. Un omaggio, sottolineano i ragazzi, «un piccolo atto di giustizia e un monito per il domani». Non dovrà mai più accadere.