Benedetta gioventù

L’Enza che tracima e inonda Lentigione: anime salvate dal mare di fango

(foto Benedetta Salsi)

Reggio Emilia, 13 dicembre 2017 - «Si metta gli stivali». Comincia il viaggio assieme ai vigili del fuoco verso il cuore di Lentigione, impossibile da raggiungere senza un gommone. La potenza del torrente ha dentellato l’asfalto, tranciandolo in due. Il pioppeto emerge a fatica e si frappone alla corrente. Dietro si intuiscono le case.
Il primo tratto dell’ex Statale della Cisa è invaso di melma. Gli elicotteri fanno la spola su quello specchio grigiastro e portano in salvo famiglie attaccate ai verricelli. La strada scende lenta verso l’acqua ed è diventata un ormeggio naturale per i mezzi natanti dei soccorritori. Ma per raggiungerli il primo tratto si percorre con il fuoristrada.

Al volante c’è Giuseppe Moretti, accento forte di Rovigo, in servizio al nucleo sommozzatori di Bologna. «Questo lavoro è un onore per me e anche una passione, ma spesso veniamo dimenticati. Lo racconti quello che facciamo, non per me sa? Ma per tutti i colleghi che ogni giorno salvano delle vite rischiando la loro». Appeso al finestrino un vigile reggiano, Rossano Mariani. Si va finché si può, per guadagnare tempo.

L'Enza ha preso il suo spazio, dopo qualche centinaio di metri raggiunge la portiera. Ed è lì che, pochi istanti dopo, arriverà il gommone.
Gli uomini del comando di Reggio (coordinati dal dirigente Salvatore Demma), che assieme ai colleghi del nucleo sommozzatori di Bologna ieri hanno lavorato senza respiro, hanno le calosce che toccano la vita. Si buttano in quel pantano gelato e poi sgusciano dentro la barca. L’aria ghiaccia i pensieri, ma il sorriso non manca.
Gerardo ‘Dino’ Spaziani e Giacomo Babina tagliano la fiumana. «Attenta, faremo un balzo, dobbiamo attraversare i binari della ferrovia. Il livello dell’acqua sta scendendo e non sappiamo quanto margine sia rimasto».  In realtà, il sussulto non si avverte nemmeno. Si procede.

All’orizzonte appare il campanile, immerso nella bruma. Il paesaggio ovattato è surreale: tutto silenzio, grigio, sembra un paese fantasma. Ma dietro i vetri delle finestre centinaia di persone attendono ancora di essere portate in salvo. Via dal gelo, dalle incognite, dalle dita gonfie, da quella umidità che penetra nelle ossa e dalla puzza di fogna che non se ne va.

«Intorno alla chiesa è la zona più critica, ci si arriva solo con l’elicottero, c’è una corrente che trascina via. Non possiamo entrare fino lì col gommone», spiega Dino.
Hanno appena portato in salvo tre sorelle: Francesca, Federica e Fiorenza, rimaste sole nell’abitazione diverse ore. La più grande ha 18 anni. «Ecco, erano dentro quella casa».
Un giro di perlustrazione. Qualcuno li vede e fa cenni dai davanzali.

«Siamo qui, veniteci a prendere». C’è un furgone bianco messo di traverso e ha storto un palo, l’acqua supera le ruote e la targa. «Sopra c’era uno spedizioniere, è rimasto intrappolato quando si è rotto l’argine, l’abbiamo fatto uscire prima».
Un vigile del fuoco che si sbraccia: «C’è da portar via un ragazzo col suo cane». È affacciato al balcone del secondo piano di una palazzina color ruggine. Dino e Giacomo scendono dal gommone e arrancano nel fango fino alla porta.

(foto Benedetta Salsi)

Pochi secondi e riappaiono. Una meticcia color champagne dolcissima e spaventata fra le braccia; dietro c’è un uomo caricato a spalle, perché non si bagni e prenda troppo freddo.
Roberto Saracchi, operaio di 38 anni, tocca la gomma viscida della barca e sfoggia un gran sorriso di sollievo. «È andata bene dai... Dobbiamo sdrammatizzare... Paura? Sì. Questa mi sa che non me la dimentico». La sua Ginger gli poggia il muso sul petto. Non smetterà un secondo di tremare, mentre guarda l’orizzonte che la riporterà all’asciutto.

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