Fece un numero a caso. Gli rispose l’interlocutore giusto. Così, almeno, gli parve. Il passato era in linea.

– Pronto, sono Ferdinando Ancestri. Chi parla?

– Ferdinando Ancestri, per servirti. Mi aspettavo una tua chiamata…Prima o poi.

– E io speravo di trovarti. Sono in comunicazione con me stesso. Finalmente! Ho un paio di cose da chiederti, sei l’unico che può rispondermi. Caro mio, la solitudine gioca brutti scherzi…Dimmi Ferdinando, quanti anni hai?

– Venticinque, festeggiati l’altro giorno. E tu, ora?

– Il doppio, compiuti anch’io l’altro giorno, naturalmente. Ma senza brindisi: il tempo delle feste è finito…

– Che tono melodrammatico…Non eri così una volta: io lo posso ben dire.

– Già, ero diverso alla tua età. O non dovrei forse dire: alla mia età? Ma le cose, sai, non sono andate come speravamo.

– Nulla va come uno se l’immagina. Ma un uomo resta padrone del proprio destino. Basta impegnarsi, caro Freddy…

– Balle, te lo dico io, balle. Ma…come mi hai chiamato?

– Freddy: non è forse questo il mio, e il tuo, soprannome?

– E chi se lo ricordava più? Per tutti ora sono solo il professor Ferdinando Ancestri. Per tutti e per nessuno: non ho molti amici, sai.

– Non ricominciare, sei davvero molto cambiato.

– E’ di questo che stiamo parlando, caro…Freddy. E, se vuoi, iniziamo proprio da qui: Freddy. Così mi chiamava Elisa, la promessa sposa. Promessa e mai mantenuta. A proposito, dov’è?

– E’ appena uscita a comprare regali. Stasera festeggiamo la mia laurea.

– Ah sì, la laurea: fu il primo errore. Speri ti possa aprire chissà quali strade, vuoi diventare famoso, parti domani stesso, via, all’estero, a caccia di successi…

– Sì, mancherò per un po’, mi farò valere. E al ritorno voglio sposarmi…

– Ma Elisa non ci sarà più.

– Come?

– Elisa si stancherà di aspettare: scapperà.

– Cosa vuoi dire? Mi ama, farà tutto quello che voglio, abbiamo una vita intera davanti.

– Non accadrà, Freddy: ti mollerà. Non subito, ma ti mollerà.

– Non permetterti, sai? Sono i tipi come te che rovinano tutto: sfiduciati, indecisi, senza carattere.

– Mi fai ridere, il carattere. E’ stato quello che ti ha fregato. Fu il tuo secondo errore: decidere anche per Elisa. E poi per tutti gli altri. E a pagare sarò io…Sono qui a dimostrarlo.

– Insomma, stai diventando insolente. Perché mi hai chiamato?

– Per avvertirti: cambia strada finché sei in tempo.

– Non ci penso nemmeno. Vuoi condizionare la mia vita? Non te lo lascerò fare, non lo permetto a nessuno.

– Se qualcuno l’avesse fatto con me, ora non sarei qui a telefonarti. Ma tu questo, a 25 anni, non lo puoi capire, vero? Allora, rovinati con le tue mani. Ma sappi che sono qui a chiederti il conto.

– Non ti capisco. Col tempo ti sei incattivito. Non credi più a niente. Senza speranze non si vive.

– Questa l’hai detta giusta! Infatti, di speranze, io non ne ho più nemmeno una. A causa tua.

– Ma, insomma, cosa vai cianciando? Parli come un matto.

– Sì, impazzisco a pensare a tutti i tuoi sbagli. Perché ormai non ho più la forza di ricominciare daccapo. Senza ripetere gli errori. Perdo la ragione a pensare a quello che hai fatto. E a quello che non hai fatto. Andrai all’estero a cercare una fortuna che ti sfuggirà, lavorerai senza costruire nulla, dimenticherai ciò che è più importante, gli amici diventeranno concorrenti, Elisa ti abbandonerà, perché non saprà capirti o, meglio, perché sarà impossibile comprenderti.

– Stai vaneggiando.

– Tu credi. O forse solo lo speri. Ma so bene quello che sto dicendo.

– Io ho il diritto di scegliermi la vita che voglio!

– Accomodati, ma dopo non ti lamentare.

– Io non sono un tipo lamentoso.

– Lo diventerai. Capirai tutto troppo tardi.

– Io non ho nulla da capire.

– Io, io, io, io: non sai dire altro. Concentrato solo su te stesso. La delusione sarà devastante.

– Non andrà così, sono sicuro!

– Non hai mai accettato consigli…

– Consulterò le persone giuste.

– Non le ascolterai, non ne sei capace.

– Ho fiducia negli altri.

– Non è vero. Non la meritano, non tutti, ma fra tutti sceglierai le persone sbagliate.

– Non sarò così stupido.

– Permettimi di contraddirti…

– Sai essere antipatico.

– Se lo dici tu…Sappi che la tua gioia di vivere si trasformerà in rancore.

– Questo mai!

– E il rancore diventerà odio. Verso gli altri, verso la vita che ti sei scelto, verso te stesso. Sarà insopportabile.

– Adesso riattacco.

– Non avrai nessuno cui confidarti, un numero di telefono da chiamare, ti sentirai perduto quando capirai che la tua esistenza avrebbe dovuto essere un’altra.

– Smettila!

– Smettila tu, finché sei in tempo.

– Io continuerò come ho deciso.

– Lo so: questo è il dramma.

– Freddy, a questo punto, te lo chiedo di nuovo: perché mi hai cercato?

– Ora non lo so più. Forse solo per sfogarmi, per rinfacciarti i miei stessi errori, per condannarti: colpevole di una vita sbagliata. O, forse, ho sperato che qualcosa fosse ancora rimediabile. Ma, evidentemente, è tutto inutile.

– Senti, Freddy, mi dispiace sentirti così. Ma forse è solo un brutto momento, passerà. Vedrai, tutto andrà bene. Basta volerlo: secondo me, dei due, quello che è in errore sei tu. Ma ora non posso più stare al telefono. Elisa è tornata, sta bussando: voglio che le resti un bel ricordo di questa serata. Sono le ultime ore che passo con lei…

– Sì, non ti resta altro da fare…

– Beh, ciao, allora.

– Addio Freddy. Telefonami, quando ti sentirai solo.

Tratto da “Colpi bassi (sul ring e nella vita)” , di Gianluigi Schiavon., Giraldi Editore