Perché tanto amore per Lucio Dalla? Perché una piazza straripante e una commozione così sincera? Perché Bologna e l’Italia hanno salutato un cantautore come un eroe di stato, come un santo, come una padre della patria?

La risposta più semplice viene dal cuore. Lucio era un uomo semplice, con le sue paure, i complessi, le ansie del domani, lo smarrimento davanti all’amore e ai sentimenti. Insomma uno di noi, nel senso più vero e più pieno della parola.

Lo abbiamo amato perché ha saputo, meglio di ogni altro, afferrare i segreti e l’anima della città. Una Bologna apparentemente dolce, morbida, accogliente, ma anche fredda, cinica, distaccata. Una città contraddittoria per sua essenza, eppure magica nella capacità di farsi amare, di richiamare energie, di diventare ombelico del mondo, culla prediletta dei sogni che non invecchiano.

Lucio ha cantato tutto questo da genio della musica, ma con la semplicità e l’esperienza dell’uomo comune, lo stesso che girava randagio per il centro, che attraversava Piazza Grande a studiare i vecchietti nei loro capannelli, che offriva in pranzo di Natale ai barboni al ristorante pizzeria Napoleone. C’è una miscela di talento e di normalità, di forza mentale e debolezza in quest’uomo dai mille volti e dall’espressione eternamentre ironica.

Bologna, l’Italia e l’intero mondo della musica hanno capito che questo elfo saltellante scherzava con sè stesso e col proprio destino. Studiava il cielo, l’universo, le rondini, l’infinito ponendosi giocosamente la domanda che tutti abbiamo dentro e alla quale non troviamo risposta. Chi siamo e dove andiamo? Grazie Lucio per averci fatto sentire meno soli in questa misteriosa corsa che è la vita.