Al grande fiume di pensieri e parole dedicati a Maurizio Cevenini, aggiungo il mio personalissimo amarcord. Conoscevo Cev da un numero di anni indefinito. Avendo battuto le strade dello sport e della solidarietà per una vita, me lo sono ritrovato accanto in mille occasioni. Sorridente, garbato, ironico. Capace di strappare il sorriso anche ai più amorfi o ai più distratti. La sua comunicativa era naturale, l’ approccio da bolognese autentico, fatto di bonomia, calore e sorvegliato da un sereno senso del limite che era la chiave del personaggio: mai prendersi troppo sul serio, mai pensare di vivere sul comodo piedistallo del politico.

Questa è stata la forza grande di Cevenini, la sua capacità di calarsi fra la gente, di essere uno dei tanti. Celebrava matrimoni a raffica, non perdeva una partita del Bologna, era presente ogni volta che l’occasione (istituzionale o benefica) lo richiedesse. Mille volte ci siamo trovati accanto, io in veste di conduttore della serata, lui come inarrivabile banditore di aste, regolarmente coronate da successo. C’era la maglia di Mudingayi da piazzare a 900 euro per Fanep o Dopo di Noi? Bastava passare il testimone a Cevenini e il gioco era fatto. Il benefattore di turno, conquistato da quel savoir faire petroniano, da quelle battutine appuntite e sorridenti, alzava inevitabilmente la mano per la gioia dell’uditorio.

Bravo, inarrivabile Cev nel contatto col pubblico. Un uomo nato per sollevare il prossimo, per allietarlo, per spiegarci che la vita ha sempre un risvolto positivo, che una risata può liberarci dagli incubi peggiori. Qualche anno fa partecipai al matrimonio di zia Carla con il suo compagno di sempre, Andrea. Lui sapeva che la malattia gli lasciava pochi mesi di vita e volle fortemente quella cerimonia, che aveva un sapore insieme dolce e amaro. Bene, Cevenini seppe renderla indimenticabile. Dopo la parte ufficiale, bombardò il pubblico di aneddoti e battute sorridenti e poi fece trasferire tutti gli invitati nella sala del Consiglio comunale. Ci distribuì fra i banchi, facendo sedere gli sposi nello scranno del sindaco.

Fu bellissimo ascoltare con quanto slancio raccontava la storia di quel luogo deputato alla poltica, quanto amore traspariva dalle suo parole per quella missione. E agli sposi regalò perle di saggezza popolare e un cadeaux di buonumore. Lo ricordo così, l’amico Cev, sempre impegnato a consolare gli altri, ad alleggerire loro la vita, a farli stare in pace con se stessi. Si è spremuto al punto in questo slancio per il prossimo, che ha finito per perdere di vista se stesso. Come certi mistici o certi grandi comici, ha immagazinato e filtrato dentro di sè il brutto del mondo per restituirci una visione più limpida e serena della vita.

E alla fine si è accorto che non aveva più risorse per se stesso, che aveva consumato tutte le energie, fisiche e nervose, a sua disposizione. Proprio lui, che si è speso per tanti, si è rirovato solo e senza il conforto di un sorriso, di una pacca sulle spalle che fosse segno di affetto autentico. E ha scelto di andarsene nel buio, lontano dal mondo.