LE OLIMPIADI di Londra sono ormai alle spalle con gli ori, le lacrime e le suggestioni forti di un evento che affonda le radici nella storia e nella leggenda. Naturale correre con la memoria all’alba del mito, ai Giochi dell’antichità classica. In una Grecia policentrica, non solo Olimpia giocava un ruolo importante. Anche a Delfi, terra magica, popolata da divinità naturali e getti sulfurei, nonchè sede del celeberrimo oracolo che leggeva il futuro, gli atleti si confrontavano nei Giochi Pitici. Nati primi delle Olimpiadi (come i Giochi Istmici e Nemei) , avevano cadenza quadriennale e ospitavano anche certami poetici e gare di letteratura. Il tutto in onore del dio Apollo, protettore di quesi luoghi.
Ecco il racconto di una giornata trascorsa nel cuore di Delfi, un tuffo nelle sue emozioni, un breve percorso della memoria tratto da un viaggio in Grecia del 1976.
«Il tempio di Apollo è alle spalle con la sua mole maestosa e le colonne severe. I raggi del sole filtrano nella struttura circolare del Tholos. Nella valle aleggia la magia dell’oracolo e l’ombra del suo mistero. Mi lascio alle spalle le rovine e salgo l’erta che conduce in cima al colle. Una cortina di ulivi chiude la vista, il sentiero è stretto e la terra si spacca sotto il sole cocente del mezzogiorno greco. Un passo dopo l’altro mi inoltro nel mondo di ieri, cullato dal canto delle cicale. Milioni di voci per una sola nenia senza tempo, un eterno respiro che sembra cancellare ogni confine. L’aria calda invade i polmoni mentre raggiungo lo stadio. Supero il voltone d’ingresso, cammino sull’erba rada, vedo la pista e i blocchi di partenza. Immagino lo stadio colmo, la gente vociante, gli atleti nudi pronti a lanciarsi la sfida. Sono solo in quel momento di eternità, il canto delle cicale adesso è fragore. Abbatte le barriere dello spazio e del tempo. Non so resistere alla tentazione: raggiungo i blocchi di partenza, mi raccolgo come un atleta che aspetta il segnale del via. E poi mi lancio in piena corsa, divoro lo stadio con falcate lunghe e gioiose, passo la linea del traguardo e alzo le braccia al cielo. Le gradinate adesso sono piene, la gente inneggia al vincitore. Anche le cicale cantano il mio nome sotto il cielo di Delfi».