CRETA è un’isola dalle tante facce, dai mille colori, un piccolo continente sovrastato dal Monte Ida, mitica culla di Zeus, con i suoi duemila metri di altezza. I resti del palazzo di Cnosso e della civiltà minoica sono una calamita irresistibile per gli appassionati di archeologia, le città (Iraklion, Kanià, Rethimno) ricche e popolose, le spiagge della costa Sud, che guarda la Libia, sembrano cartoline caraibiche, mentre all’estremità est dell’isola, sull’altopiano di Lassithi, il tempo rotola lento come le pale dei giganteschi mulini a vento. Ecco due rapidi ricordi di Creta, che ho scritto sull’onda dell’emozione, per capire il gusto profondo di questa terra senza tempo.
Cominciamo da un paesino dell’interno, Gavalohori, e dalle sue atmosfere rarefatte: «L’ultima cicala smette di cantare mentre il sole cala dietro i monti. Quello stridulo e lacerante saluto al giorno che se ne va segna il passaggio dal regno della luce a quello delle ombre. Il cielo diventa blu profondo sopra le gobbe irregolari delle colline, la luna si accende improvvisa come una grande abat-jour a rischiarare la valle. Il vicolo bianco si anima di voci, grida di bimbi, litanie di anziani. Il greco è una cantilena frenetica che sembra nata con l’uomo. Rimbalza l’eco delle voci, mentre la prima brezza della sera rompe l’abbraccio di fuoco di un sole ormai perduto. Tutto sembra fermo, eterno, solennemente immobile. Un attimo sospeso che si ripete da millenni, quando Creta era la culla del mondo e fra queste colline gli uomini e le cicale intrecciavano già le loro voci».
ED ECCO l’approccio con il piccolo paradiso di Elafonissi: «Polvere di conchiglie rosa sul bianco della spiaggia. Piedi ingordi lasciano solchi profondi e festosi. Fra quelle onde di mille colori, dove l’azzurro sconfina nel verde e il blu profondo di Grecia pennella gli scogli, ci sentiamo tutti bambini. Entriamo insieme in questo mare-giocattolo, in questa cartolina vivente, per scoprire il vagare inquieto dei pesci, spiarne i colori, i rifugi, le fughe. Gli occhi corrono sotto la linea del mare, dove più forte è il respiro della natura, le braccia solcano quell’acqua da paradiso, la battono e la percorrono instancabili, mentre il sole cuoce la pelle al chiarore delle onde. Scivoliamo fra gli scogli, scopriamo lagune segrete dove l’acqua è dolce prigioniera. Non vorremmo staccarci mai dall’abbraccio di quel mare magico. Quando i piedi toccheranno la riva, il miracolo sarà finito. Il tempo riprenderà la sua corsa e non ci sentiremo più bambini».