Un piano nazionale per l’auto. Lo invoca il più arrabbiato dei sindacati, la Fiom, lo zoccolo duro dei metalmeccanici. Ma questa volta la richiesta trova la piena solidarietà di tutto il settore automotive, ancora scosso dai dati negativi di un anno nerissimo. Il -19,87% che fa regredire il numero delle immatricolazioni ai livelli del 1979, è la spia di una crisi profonda. Nel solo 2012 il danno complessivo per il settore ammonta a 7 miliardi di euro di fatturato. Alla saturazione del mercato italiano si aggiungono le politiche fiscali legate all’auto, che hanno depresso ulteriormente i consumatori, congelando l’acquisto di vetture nuove. Le altissime accise sulle benzina, i continui rincari autostradali e quelli delle polizze Rc auto hanno trasformato la gestione della macchina di proprietà in un esercizio sempre più difficile e costoso. Anche l’aumento dell’Iva, con ulteriore ritocco previsto per il luglio 2013, ha inciso e inciderà in modo pesante sul mercato del prossimo anno.
IN QUESTE condizioni il recupero di fiducia dei consumatori (in atto dal mese di agosto, secondo le analisi del Centro Studi Promotor) rischia di essere vanificato. Nessuno auspica uno stato dirigista, che si carichi sulle spalle i costi della crisi a quattro ruote, ma il governo che nascerà dopo le elezioni di febbraio non potrà trascurare più a lungo un settore vitale per l’economia. Federauto e i concessionari auspicano nuovi incentivi e rottamazioni, Unrae e i costruttori stranieri puntano a interventi massicci sulle accise dei carburanti e i costi fiscali dell’auto per rimettere in sesto il mercato. Di certo serve un’azione coordinata che tenga conto delle tante componenti del settore, con un occhio di riguardo per il consumatore che resta il vero perno di tutto il grande business dell’auto.
E non vanno trascurati i mondi paralleli: quelli dell’autotrasporto e delle auto aziendali, che hanno subìto quanto e più degli altri l’onda della crisi. Parlare di un piano nazionale per l’auto può sembrare antistorico e invece è necessario. Come ha fatto la Francia, come si apprestano a fare altri grandi paesi europei (Germania felix esclusa), tocca allo Stato intervenire per correggere le storture di una fiscalità che sta raggiungendo livelli insostenibili. Il resto spetta ai costruttori, alla loro fantasia, alla capacità di creare auto belle a costi contenuti e con motorizzazioni che mirino al risparmio e alla tutela dell’ambiente. Fra le armi per battere la crisi ci sono anche le buone idee.