”All right in the european skies?”, ”Tutto bene nei cieli europei?”. La domanda rimbalzava ogni giorno in redazione. Appena varcata la soglia, Oddone Nordio, inviato dello Sport, si rivolgeva così a Marco Tavasani con fare sornione.
Marco era l’uomo dei cieli, degli aerei. La sua vocazione per l’aeronautica, i voli nello spazio e tutto quanto di scientifico ruotasse intorno all’uomo era nata con lui. Marco rispondeva con un sorriso ironico e il malcelato orgoglio di chi si sente una piccola autorità in materia.
Sempiterno collaboratore della cronaca di Bologna (lo ricordo da quando ho messo il primo piede al Carlino, nel 1975), Tavasani era un giornalista duttile. Scriveva di economia, di cronaca bianca, di meteorologia. Era appassionato di motori e di auto, sempre alla ricerca di novità, di notizie curiose.
Con lo scorrere degli anni, non aveva perso un grammo del suo entusiasmo quasi infatile per la professione. Era onesto, scrupoloso fino alla pedanteria nella verifica dei dati e delle fonti. Degli aerei sapeva tutto, l’aeroporto di Bologna era casa sua e non perdeva un solo salone aeronautico. Celebri le sue trasvolate oceaniche con il fotografo del Carlino Paolo Ferrari che lui chiamava ironicamente ”mia moglie”, per aggiornarsi sugli ultimi sviluppi della tecnologia aeronautica. Erano una coppia tutta sorrisi e pacche sulle spalle, uniti dallo spirito goliardico degli anni universitari che era sempre vivissimo in loro.
Al Carlino Marco era quasi un’ istituzione, al punto che negli ultimi anni gli era stato affidato anche il compito di guidare le visite scolastiche al giornale con il collega Gianni Leoni. E lui, come un bravo soldato, aspettava i ragazzi sulla soglia della sua seconda casa per portarli a scoprire un mondo nuovo. Lo faceva con entusiasmo, con grande serietà e spirito di squadra. Si è sentito sempre un tassello prezioso del giornale e per nessuna ragione al mondo avrebbe rinunciato mai a vedere la sua firma sul Carlino, fino all’ultimo giorno.
Nel dicembre scorso aveva collaborato con me a un inserto quotidiano sul Motor Show e lo aveva fatto con il solito slancio da debuttante. Frenetico, quasi ansioso di avere consegne e incarichi sempre nuovi, si sentiva a suo agio soprattutto nello stand dell’esercito, dove mi ha illustrato le doti del Mangusta e mi ha presentato tronfio i suoi amici con le stellette.
E pochi giorni fa mi ha proposto un pezzo per le pagine dei motori. Era andato a scovare, nella provincia di Bologna, un talentuoso carrozzaio capace di costruire auto quasi su misura. Lo ha fatto con slancio, con fervore, con la stessa passione che calava nel mestiere giorno dopo giorno. Proprio come accadde nell’86 durante un viaggio negli Stati Uniti, quando telefonò per primo in redazione annunciando la tragedia dello Shuttle esploso in cielo.
Grazie di tutto Marco, amico caro e indimenticabile compagno di viaggio.