IL MOTOR SHOW degli anni ruggenti era un Paese dei balocchi per adulti, una grande macchina di passione e divertimento. Così la pensò Mario Zodiaco da Lizzano in Belvedere, l’uomo che impose in Italia il mito della Dune Buggy, la piccola fuoristrada dalle forme sinuose che fece impazzire una generazione. Zodiaco fondò una società con due mostri sacri del motorismo anni Settanta: il re dei rally Sandro Munari e il campionissimo della moto Giacomo Agostini. L’idea era quella di inventare una rassegna fuori dagli schemi, dove il pubblico giovane e le donne potessero trovare motivi di attrazione che mancavano al compassato salone di Torino, ripiegato sui canoni della tradizione.
E così al taglio del nastro del dicembre 1976 il popolo degli appassionati mise il naso dentro una cittadella fieristica trasformata in Circo Barnum del motore. Una parte espositiva ampia, con auto e moto per tutti i gusti e poi un’arena per le esibizioni dei dragster, le supermoto, gli stuntman di Remy Julienne, capaci di trasportare emozioni da film su una sottile lingua di asfalto.
UN’AUTENTICA fiera del motore, un piccolo paese del divertimento a due e quattro ruote che scaldava il clima in vista del Natale imminente. Sotto le volte della Fiera di Bologna un fiume di gente ininterrotto, la tangenziale regolarmente paralizzata. Odori di birra e salsiccia, di hamburger e patatine fritte, cantanti e calciatori più o meno famosi a visitare gli stand. E poi una marea di standiste, vestite il meno possibile, a calamitare gli sguardi ingordi dei maschi itineranti raccolti in branchi. «Donne e mutòr» diventò una formula classica dei primi Motor Show con una sfilata di madrine vip che annovera stelle del cinema e dello spettacolo come Carmen Russo, Edwige Fenech, Corinne Clery, fino alle più attuali Belen Rodriguez, Elena Santarelli, Magda Gomez, Nina Senicar. Le auto e le moto erano componente fondamentale ma accanto alla classica esposizione il Motor Show inventò le prove, i test drive riservati ai visitatori. Non solo potevi vedere e toccare la macchina dei tuoi sogni, ma potevi pure provarla: il massimo della vita. Era un salone ‘sensuale’ nel senso pieno del termine, capace di stordirti con i suoi colori e sapori forti, un piccolo e pagano piacere dei sensi.
LA GESTIONE di Alfredo Cazzola, il reuccio degli allestimenti fieristici, che rilevò il Motor Show nel 1980, cercò di conservare la ricetta classica del salone, nobilitandone però i contenuti espositivi. Tutte le più grandi case automobilistiche erano presenti, molte le anteprime mondiali ed europee.
In più contenuti sportivi di prima qualità, come il Memorial Bettega, un rally in miniatura con piloti d’eccezione e i meccanici della Ferrari a simulare un pit stop sotto le tribune delle Motor Sport Arena: un brivido da Formula 1 servito in salotto.
Dopo il passaggio a Gl Events, e sotto la guida di Giada Michetti, la grande rassegna del motore continuò a prosperare. Fino all’alba della crisi e a quel critico 2009, quando le case automobilistiche disertarono per la prima volta la manifestazione. Fu allora che il Motor Show rispolverò la formula delle orgini: spazio allo spettacolo e ai contenuti sportivi, un modo sicuro per sopravvivere in attesa di tempi migliori.
Sono passati quattro anni e oggi il Circo Barnum del motore si arrende ai morsi della crisi. Smonta il tendone delle meraviglie con la speranza segreta di rimontarlo fra un anno.