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Schumi junior e i figli d’arteLeo Turrini - 26 aprile 2015

Schumi junior ha vinto la sua prima gara di Formula 4, in Germania.

Dirò il tempo se questo sia solo un episodio o se il destino abbia intenzione di permetterci di vivere una ‘replica’ meravigliosamente appassionante.

Dirò invece io come mi sento a cospetto dei figli d’arte.

Di solito, all’inizio prevale la diffidenza.

Nel senso che malignamente ti viene da pensare: ah, ma questo, questo se si chiamasse Mazgiorg o Stephansson col piffero che sarebbe qui, con un casco in mano e una monoposto a disposizione.

Appartiene all’indole umana, la prevenzione un po’ cinica.

Talvolta, la diffidenza è pienamente giustificata.

Non hanno sfondato, per citare alla rinfusa e a memoria, gli eredi di Prost, di Lauda, di Scheckter. In F1 non ha funzionato il figlio di Marione Andretti, mio imperituro eroe.

Ma Damon Hill, per dire, era molto meglio di quanto noi guardoni da autodromo fossimo disposti ad ammettere. E ad esempio proprio il padre di Mick era arrivato a stimare il rampollo del mitico Graham.

Di Jacques Villeneuve sono diventato amico.

Mi ricordo che non sopportava, a livello epidermico, fisico, il costante paragone con il padre.

E aveva ragione lui. Non già per le differenze tra il talento dell’uno e dell’altro, differenze che ognuno è libero di valutare e pesare come meglio crede.

No. Aveva ragione, Jacques, perchè dribblava l’argomento spiegando che il popolo doveva giudicarlo non in quanto ‘figlio di’, bensì nella esclusiva dimensione individuale. Del resto aveva vinto a Indianapolis, pretendere di misurarlo con il metro della leggenda genitoriale era iniquo, nonchè incongruo.

Comunque, alla fine Villeneuve junior ha fatto la pace con l’ombra del fantasma paterno. Accadde nel 2012, a trent’anni dal disastro di Zolder, quando accettò di guidare, a Fiorano, la Rossa che era stata di suo padre.

Anche Nico Rosberg non è male. Anzi, sebbene io fossi un fan di Keke, ho il sospetto che sia persino più competitivo del babbo.

Su Verstappen ho un vago sospetto.

Su Mick Schumacher ho un’emozione da immaginare. Si realizzasse, l’anagrafe non mi permetterebbe di raccontarla.

Ma ci penserà, credo volentieri, qualcuno tra voi.