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Iron Mauri e Seb sul New York TimesLeo Turrini - 30 luglio 2015

Da molti anni sono abbonato alla edizione internazionale del New York Times.

Concordo con voi: e chi se ne frega

Ma all’abbonamento debbo la scoperta, chiamiamola così, di un dettaglio che mi ha colpito.

Vittoria Ferrari in Ungheria.

Un grande marchio legato commercialmente alla Scuderia sceglie di acquistare uno spazio pubblicitario sul quotidiano più prestigioso del pianeta.

E che foto sceglie?

Una istantanea di Maurizio Arrivabene che abbraccia Vettel.

Iron Mauri e Seb.

In apparenza niente di che.

E invece si tratta di un segnale, valutabile da ognuno come meglio crede.

Il messaggio è questo: a livello globale, sta passando l’idea che la Ferrari 2015 sia UNA SQUADRA, cioè è forte la convinzione che dietro e dentro un tentativo di rinascita ci sia una fusione perfetta tra energie che provengono da origini diverse e che si coagulano in nome di un obiettivo comune.

Naturalmente questa ‘trasfigurazione’ implica anche un margine di rischio, perchè se poi le cose non dovessero funzionare diventerebbe persino puerile la contestazione alla presunta ‘svoraesposizione’ di qualcuno, inteso come Iron Mauri.

Ma è bella l’intuizione di chi ha scelto di ‘raccontare’ così il capolavoro di Budapest.

E io sono d’accordo con il guru della comunicazione che ha ‘battezzato’ quella foto.