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Il mio Super Eroe nel parco di MonzaLeo Turrini - 1 settembre 2015

Ho accennato ad Alesi.

Debbo dire che con lui e Berger a bordo della Rossa mi sono divertito un sacco.

Non vincevano mai (due successi totali in tre anni, non so se mi spiego).

Ma che rumba.

Una volta si cappottarono su un’auto di serie a Fiorano.

Una volta si tamponarono durante un giro d’onore a Monza.

Una volta ancorasi sganciò una telecamera dalla Rossa di uno e si schiantò sulla Rossa dell’altro, sempre a Monza.

Cose che neanche Fantozzi e Filini.

Io li adoravo.

Poi arrivò Michael.

Ogni tanto qualche amico mi fa: ma perchè non parli più spesso di Schumi?

Eh.

Ho visto tutta la sua carriera. Dal primo Gp, Belgio 1991, all’ultimo, Brasile 2012.

Con quell’uomo non ho mai avuto una relazione ‘stretta’, perchè Schumi non gradiva farsi amici tra i cronisti. E io lo capivo e lo rispettavo anche per questo.

Quell’uomo ha semplicemente realizzato i sogni della mia giovinezza (nel 1979 avevo 19 anni) e questo nessuno potrà togliermelo.

Ne scrivo raramente perchè mi angoscia la prospettiva di una vita, la sua, che ormai temo senza prospettive.

Però mi ricordo, sì, io mi ricordo.

Il 1996. Il trionfo in Rosso a Monza. Fu lì, a pochi giorni da una impresa a Spa, che definitivamente compresi che il vento era cambiato. Ci sarebbe ancora voluto tempo (e quanto ce ne volle!) ma Schumacher stava riscrivendo la Storia.

Se si mettessero in fila, una dopo l’altra, tutte le parole che ho scritto sul suo conto, anche prima del boom di Internet, avvolgerebbero il globo terracqueo.

E le riscriverei tutte, una per una. Nessuno le leggerebbe, ma chi se ne frega. Alla fine, io scrivo le mie emozioni, se ad altri piace condividerle sono contento ma mica posso imporre al prossimo di condividerle, le mie passioni.

Poi ci fu il 2000. La disgrazia del povero commissario. Ogni volta quella tragedia mi fa pensare al mio amico Cristian, che talvolta leggete anche qua, un ragazzo d’oro che per passione nei week end lavora sui circuiti. Una persona educata, lontana dalla citrullaggine che talvolta la bellezza della Rete purtroppo favorisce, perchè la garanzia dell’anonimato è una maschera per tante miserie. Ma c’è tanta bella gente, intorno alla Formula Uno, soprattutto qui, sul Clog. Non so se Michael si rendesse conto di vincere anche per loro: è sempre difficile, quando si appartiene al mito, conservare il contatto con la base, con la gente semplice, con gli umili.

Ma la Storia siamo noi e Manzoni lo aveva capito benissimo.

E ancora il 2003, quel duello pazzesco con Montoya, la bagarre alla variante della Roggia, giri su giri a ritmo di qualifica, l’ossessione pura per la velocità divorante, l’estremo che diventa norma, l’anomalia che si perpetua. Un pomeriggio a contare i battiti del cuore.

Infine, una conferenza del 2005. Poche persone intorno a Schumi, la Ferrari che in quell’anno non toccava palla, lui che non era per niente sconfortato, si guardò attorno, ci guardò negli occhi e poi disse: ma mica crederete che io sia disposto a chiudere carriera in Rosso in questo modo, eh?

Non era un amico personale. Mai stato.

Di più, era di più

Era quello che ti realizzava i sogni.