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A proposito di Hamilton e di SchumiLeo Turrini - 4 novembre 2015

Avevo deciso di non commentare le parole di Hamilton su Schumi.

Un po’ perchè in casi del genere va sempre a finire (e siamo ancora in tempo, eh) con la precisazione del Vip di turno, politico o sportivo che sia, lesto a chiarire che si è trattato di un malinteso, che il giornalista ha capito male, eccetera eccetera.

Ma vedo che, sia pure a scoppio ritardato, l’argomento sta facendo presa (anche in questo Clog) e allora verrò meno alla promessa che mi ero fatto.

Premessa.

E’ profondamente squallido (e mi limito) accusare una persona che non può difendersi. Mi viene in mente, per altre cose, il povero Giacinto Facchetti. E non solo lui.

Dopo di che.

Ho sempre sostenuto (e non cambio opinione) che in pista Michael Schumacher tutto era ma non uno stinco di santo. Ho scritto un fortunato libro su di lui, nel 2005, evocando il lato oscuro della forza per tentare di comprendere certe manovre non esemplari (e anche qui mi limito).

Ma Hamilton pensa di esserlo lui, un santo? Non è al corrente di quanto pensa Rosberg sui suoi metodi? E Nico mica è l’unico ad avere una certa idea dello stile (agonistico, mettiamola giù così) del personaggio.

E’ doloroso constatare, anche qui e ora, il vano ammonimento evangelico. Chi è senza peccato scagli la prima pietra.

C’è poi un altro elemento, psicologico, che può aiutare a comprendere l’esternazione del Nero (e comprendere non significa giustificare).

A suo modo, anche Lewis è un contemporaneo di Schumi.

Hanno corso assieme, sia pure solo per tre anni, tra il 2010 e il 2012.

Non ho difficoltà ad ammettere che nel triennio in Mercedes, beh, Michael non ottenne risultati all’altezza della sua fama.

Ma io c’ero a Montecarlo nel 2012 quando ottenne il miglior tempo in qualifica.

A 43 anni suonati!

Quel giorno tutti, ma proprio tutti, concordammo sul fatto che lo Schumacher vero, quello dell’epoca d’oro, quello di quindici-dieci anni prima, si sarebbe mangiato il Nero e compagnia bella a colazione.

Ebbene, per un contemporaneo non è mai semplice ammettere l’unicità di un Fenomeno. Ci vogliono intelligenza e sensibilità. Più o meno, lo stesso atteggiamento di Marquez nei confronti di Rossi nasce dallo stesso disagio inconfessabile, secondo me.

Ci sono cioè giovani eredi, bravissimi, che non accettano il paragone con la Storia.

Perchè non si rendono conto che, a Dio piacendo, invecchieranno anche loro e forse un giorno valuteranno con sereno distacco gli eventi, i fatti, i fattacci.

E adesso aspettiamo pure la smentita di Hamilton, ci mancherebbe.