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Cosa mi piace e cosa no dell’ultimo MarchionneLeo Turrini - 15 dicembre 2015

Ieri, per ragioni di tempo, mi sono limitato ad esporre il Marchionne-pensiero, con una brevissima riga di valutazione.

Adesso, a mente fredda, sono lieto di spiegare cosa mi sia piaciuto e cosa no della fluviale esternazione presidenziale (con un occhio di riguardo per la mia amica Luisa, alla cui sensibilità mi sento vicino anche quando non ne condivido, può capitare, i contenuti).

COSA NON MI PIACE:

  • Che un tifoso Ferrari possa immaginare le Rosse in paradiso sin dal Gp di Melbourne, atto uno della stagione, ci sta. Un tifoso ha il diritto di sognare. Un presidente invece un po’ meno. Nelle ultime gare della stagione, il margine Mercedes, per quanto ristretto, era ancora indiscutibile. Sostenere che l’obiettivo è mettere dietro le Frecce d’Argento sin dall’Australia significa caricare la squadra di una pressione enorme. Non è il metodo giusto. Magari funziona con gli operai di una catena di montaggio, su tempistiche delle consegne eccetera (ma per l’Alfa Giulia direi non abbia funzionato, ehm ehm). Ma con un team di F1 no, è un approccio sbagliato.
  • Non mi piace che Marchionne eviti sempre come la peste qualunque riferimento a Montezemolo e alla sua era. Fatte le debite proporzioni, è un po’ come se LCDM, nelle sue Messe cantate lungo oltre un quarto di secolo, non avesse mai nominato il Drake. Non è elegante, non regge. Anche perché l’avvocato appartiene alla Storia del Cavallino e la storia non si cambia, non è sempre vero che a scriverla sono i vincitori.
  • Ho trovato poco convincente il riferimento a un rilancio Alfa Romeo in F1. Come? Quando? Comprando un team minore? Riaprendo un reparto corse? Mettendoci chi? Gli slogan sono belli, ma insomma. Un po’ di realismo, per favore.
  • COSA MI PIACE.
  • La grinta palesata contro i progetti di Todt e di Ecclestone. E’ molto importante che la Ferrari abbia piena consapevolezza della sua unicità. Qui la mia amica Luisa si sbaglia. La power unit l’ha voluta la Fia del Pinguino. La Ferrari (e non solo la Ferrari) ci ha investito un sacco. E’ assurdo che adesso Todt e Ecclestone vogliano imporre ai costruttori di ‘svendere’ i loro motori ai piccoli team. Non esiste. Marchionne ha ragione quando afferma che dei costi (a beneficio dei piccoli) deve farsi carico Ecclestone con il suo impero commerciale. Su questo, non si può discutere.
  • Il no alla Red Bull è stato motivato in modo fantastico, nel senso che è la copia di un mio post di fine estate-inizio autunno, ‘Perchè non darei i motori alla Red Bull’. . Certamente Sergione Conceicao Marchionne non l’ha mai letto, sarà un caso di telepatia, ma che cazzo, questi Bibitari gli ordini li vanno a impartire dai 39mila metri del mio idolo Baumgartner, per piacere.
  • E’ molto positiva l’idea che se la F1 diventa la Nascar ciao e grazie. Io adoro la Nascar, non la disprezzo affatto, ma mi viene in mente quando Kimi salì un pick up per una gara da camion lassù e dopo un po’ gridò nell’interfono: ma cosa diavolo avete messo sotto il sedile?, ho le chiappe in fiamme. Insomma, se la F1 cambia Dna la Ferrari deve andare a correre altrove. Marchionne usa la minaccia con intelligenza e del resto Kimi l’ho riportato qua, altro che pick up!
  • Il paragone tra Vettel e Alonso è nella natura delle cose. Si fa torto a Fernando e alla sua identità negando che mai la sua integrazione con il mito Ferrari fu completa, per la semplice ragione che c’era stato qualcosa ‘prima’ e insomma non tutto poteva essere rimosso. Dopo di che, al volante della Rossa lo spagnolo è stato grande. E questo lo sa anche Marchionne. E’ così difficile comprendere questa piccola differenza fra comportamento e rendimento? Evidentemente sì, a giudicare dalle reazioni di taluni (o meglio: io lo so cosa brucia a taluni, il giudizio che Sergione Conceicao ha dato su Kimi, ma stavolta, giuro, il testo non gliel’ho scritto io…)