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40 anni di F1, ecco Alonso e Kimi…Leo Turrini - 28 dicembre 2015

Può darsi che questa ottava fila faccia discutere, nel contesto della Griglia di Partenza di 40 anni della F1, dal 1975 al 2015 (tra parentesi: Graham Hill non è incluso, di fatto la sua carriera si era esaurita prima, come per Stewart e per altri, diversamente destinati ad altissima collocazione).

Farà discutere, dicevo. Ma vi assicuro che è scritta con il cuore.

FERNANDO ALONSO.

Il vero mistero è questo: come è possibile che un pilota tanto forte (perché lo spagnolo è fortissimo) non vinca un mondiale da dieci (10) anni?!?

La risposta sta in una serie di argomenti mai graditi e nemmeno mai ascoltati dai fans dell’asturiano. Argomenti che nulla c’entrano con il valore del driver. Che probabilmente ha avuto il solo torto di circondarsi di gente sbagliata, seguendo consigli sbagliatissimi. E ciò nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore (sempre delle ipotesi) per il digiuno decennale Alonso dovrebbe biasimare esclusivamente se stesso.

Dopo di che, io ho conosciuto lo spagnolo nel 2001. Meglio, me lo fece conoscere Giancarlo Minardi, assicurandomi di aver ingaggiato l’erede naturale di Senna. Oggettivamente, era una profezia esagerata: ma non c’è dubbio che Fernando abbia animato pagine bellissime dell’automobilisno recente.

C’ero per la sua prima pole in Malesia, nel 2003. C’ero, nello stesso anno, in Ungheria. E c’ero quando toccò a lui porre fine al monopolio iridato di Schumi. La sostanza del soggetto non è mai stata in discussione, professionalmente parlando.

Io credo che come ‘Racer’, come animale da gara, Fernando sia uno dei più grandi di tutti i tempi. Trovo invece non sia irresistibile sul giro secco da qualifica, non lo è mai stato. In questo, il paragone con Ayrton era decisamente improprio.

E’ anche vero che Fernando ha perso tre titoli (2007, 2010, 2012) all’ultima gara e non certo per colpa sua (almeno, non solo per  colpa sua). Il destino, che più di una volta lo aveva aiutato negli anni giovanili, gli ha girato le spalle. Ma se tu firmi con McLaren per cinque anni e dopo cinque mesi sei alle Guerre Puniche, è chiaro che entrano in ballo fattori che esulano dalle tue risorse di ‘manico’. E il lustro speso in Ferrari è sfociato in una malinconica resa, anche qui non imputabile in esclusiva al pupillo di Briatore.

Sapete, nessuno ci crede e nessuno mi crede, eppure io sono convinto di essere stato uno dei pochi a valutare il Campione e il Personaggio con un sano equilibrio. Forse pecco di presunzione, per carità. E me la tengo.

Mi tengo anche una certezza, che ovviamente mi verrà contestata dai suoi supporters: se prima di smettere con la F1 Alonso vincesse un terzo mondiale, beh, non mi dispiacerebbe.

Per niente. Perché davanti al pilota, tanto di cappello.

 

KIMI RAIKKONEN.

Ah, beh.

Ho visto un re.

Stavo ai cancelli di ingresso di Melbourne, in un anno imprecisato. Non volevano far entrare un biondino che dichiarava di essere il driver della Sauber.

L’ho raccontata un migliaio di volte, questa storiella. Invece raramente ho segnalato che se il verdetto del Gp del Brasile non fosse stato rivisto a tavolino (peraltro giustamente, pro Fisichella) questo finlandese avrebbe già vinto il mondiale nel 2003, ai danni della Ferrari di un certo Schumi. E se nel 2005 il motore Mercedes non fosse stato di burro, il titolo non sarebbe andato ad Alonso. Infine voglio strafare: nel 2008 dipese dal capriccio di Qualcuno, la rinuncia a un bis che era scritto.

Bene. Di Kimi Raikkonen ovviamente si può parlare malissimo e in Italia c’è una compagnia di giro che si presta all’esercizio molto volentieri. Curiosamente all’estero il soggetto invece è stimatissimo, pur non essendo un ruffiano addetto alle pubbliche relazioni. Quello che ha realizzato con la Lotus al rientro dopo due anni di stop rimane clamoroso, anche se rapidamente dimenticato (magari se altri vanno in sabbatico biennale e poi tornano ne riparliamo, eh).

Dice: ah, ma riportarlo in Ferrari è stato un errore. Rispondo: a parte che non sono d’accordo, qui stiamo parlando di storia e vorrei proprio sapere come si potrebbe escludere da questa classifica dei 40 anni l’ultimo campione del mondo al volante di una Rossa. Per inciso, in quattro decenni sulla faccia della Terra hanno camminato miliardi di bipedi e ce ne sono solo 4 (Lauda, Scheckter, Schumi e Kimi) a potersi vantare di una certa cosa.

Se è un caso, amen.

Se non è un caso, può soccorrere la risposta di Michael Schumacher quando in un ufficio di Maranello gli chiesero: ma al tuo posto, tu chi prenderesti, Fernando o Kimi?

Era l’alba del 2005.

Raikkonen tutta la vita, disse il tedesco.

Oh, va mo là: ci saremo sbagliati insieme.