custom logo
Marchionne e la Ferrari da Borsa (e da corsa)Leo Turrini - 12 febbraio 2016

Ho letto anch’io, con sommo gaudio, l’intervista rilasciata da Sergione Conceicao Marchionne alla ‘rosea’.

L’ho letta con gusto perchè Pinone Allievi merita sempre la mia attenzione, il vecchio Ferrari faceva bene a stimarlo e inoltre, talvolta non condividendo io le opinioni di Pinone, ecco, una sana dialettica è il sale della vita (se tutti ti danno ragione, sai che noia).

Inoltre Marchionne è il presidente della Scuderia che amo e dunque non posso ignorare le sue convinzioni.

Vi risparmio ogni riflessione sulla gestione precedente (a quella di Sergione). Da tifoso, mi auguro che tra ventidue anni i risultati in pista siano paragonabili all’era 1992-2014.

E comunque la nostalgia è una fregatura.

In compenso, un passaggio dell’esternazione ha folgorato la mia mente vuota.

Dice più o meno Marchionne (riassumo alla carlona, per usare il suo linguaggio pane al pane, vino al vino e Giulia alla Giulia intesa come Alfa misteriosa): certo che il rendimento delle nostre macchine in F1 avrà effetti sull’andamento del titolo Ferrari in Borsa.

Ah!

Anzi, meglio.

Ahi!

Cioè, non è colpa di nessuno, i mercati sono turbati, il petrolio crolla, i paesi emergenti non tirano più, impazzano i timori per la solidità delle banche, c’è stata l’invasione delle cavallette e una pioggia di rane si è abbattuta sulle principali piazze finanziarie del pianeta.

Ciò premesso, in due mesi senza Gran Premi, pare che la Ferrari da Borsa (e non da corsa) abbia perso all’incirca il cinquanta per cento del valore d’ingresso (sul listino).

Com’è ‘sta storia?

Ps. Cioè, se Vettel e Raikkonen non fanno doppietta a Melbourne, poi non si dica, alla carlona, che si temono impatti negativi a Wall Street o a Piazza Affari, please.